venerdì 29 marzo 2019

OOPS...GOLDMAN SACHS DID IT AGAIN


Premessa: alcuni links interni non funzionano vista la migrazione del blog. Tuttavia, è sufficiente inserire l’argomento desiderato nella barra in alto a sinistra.
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In questi 18 mesi, letti alcuni papers scientifici, visti i dati sugli esiti delle ICOs, vista la storia giudiziaria di alcuni personaggi, visto il reiterato uso mistificatore e furbesco del termine "rivoluzione", vista la contemporanea consumazione di condotte proprie delle più classiche frodi finanziarie (Ponzi schemes, painting the tape, front running, quote matching, wash trading, cornering, short squeezing, bear raiding, spoofing, fomenting, pegging, pump and dump, short and distort, boiler room) vista l'espressione di giudizi finanziari elaborati unicamente in base all' hype o alla FOMO del momento e testate le infrastrutture dei mercati ho espresso numerosi commenti critici sull' ecosistema truffaldino delle cripto, Ad oggi, continuo a pensare che una maxi-purga giudiziaria sia la conditio sine qua non per poter considerare gli attori di questo palcoscenico finanziario (e forse in futuro industriale) meritevoli di un qualsivoglia inflow di capitali.
Personalmente, ritengo di esser stato legittimato a muovere le critiche di cui sopra avendo per anni analizzato e criticato su questo blog le frodi degli istituzionali "tradizionali" alcuni dei quali restano identici a loro stessi anche col passare degli anni. A volte qualcuno ritorna ed infatti, oggi parliamo di Goldman Sachs International (GSI).
Qualche anno fa avevo esposto i dettagli di una bad practice della predetta consistente nella sparizione dei dati relativi a qualche miliardo di eventi riportabili ovvero da comunicare obbligatoriamente alle autorità preposte ed inerenti alle operazioni sui mercati (trades): clicca qui; qui e qui .
Ieri, la FCA inglese ha sanzionato GSI in quanto dal 5 Novembre 2007 al 31 Marzo 2017 la banca ha:
  • omesso di riportare 204.100.000 (trattasi di stima) transazioni in aggiunta ad altre 9.500.000 soggette ad un reporting diverso da quello interessante le prime;
  •  omesso di adottare delle misure opportune al fine di evitare la comunicazione -alle autorità- di transazioni mai effettuate o effettuate ma non soggette ad attività di reporting circostanza questa verificatasi invece per circa 6.600.000 transazioni.

Il totale delle operazioni interessate da errori ed/od omissioni ammonta a circa 220.200.000
Questi reports, obbligatori, servono a fornire alla FCA -o alla magistratura inquirente- i dati necessari a garantire l’integrità dei mercati nonché a scoprire eventuali casi di market abuse, insider trading, market manipulation nonché ad indentificare eventuali rischi latenti ed emergenti
GSI, nel corso dello stesso periodo di tempo, ha comunicato circa 1.500.000.000 di operazioni il che significa che quelle interessate da errori ed omissioni rappresentino il 15% circa del totale.
Come dicevamo sopra GSI, nel corso dello stesso periodo, ha omesso di organizzare e controllare la propria attività di reporting per il tramite di adeguati sistemi di risk management come richiesto dalla MIFID. Si tratta di irregolarità consistenti visto che nel corso di questi 10 anni la FCA ha più volte fatto presente alla banca l’esigenza di assicurare il dispiegamento di sistemi e controlli volti a garantire un’attività di reporting accurata e completa. La multa irrogata ammonta a  £49,063,900. In questi anni, per le medesime violazioni, sono state sanzionate dalla FCA anche altri istituzionali tra i quali: UBS AG, Merrill Lynch International (MLI), Deutsche Bank AG, Royal Bank of Scotland (RBS), James Sharp & Co, Plus500UK, City Index Limited, Société Générale, Commerzbank AG, Instinet Europe Limited, Getco Europe Limited, Credit Suisse, Barclays, Capital Securities Limited, Barclays Bank Plc.
Disporre di dati accurati è fondamentale in quanto le autorità  necessitano di conoscere chi negozi quali strumenti e quando. I dati devono contenere, tra gli altri, i seguenti elementi:
  • informazioni circa gli strumenti scambiati;
  • a società che abbia preso in carica il trade;
  • dati relativi al compratore ed al venditore;
  • data/l’ora del trade (gli istituzionali devono provvedere alla cosiddetta “Clock Synchronisation” come definita nelle “Guidelines” dell’ ESMA. 

domenica 17 febbraio 2019

IL CASO APPLE TRA SOCIETA' FANTASMA DOUBLE IRISH WITH DUTCH SANDWICH E TRANSFER PRICING.


Apple è una storia di successo americana, è la storia di una società di ingegneri e progettisti che
hanno guadagnano negli anni, con fortune commerciali alterne, 1 un’ ottima reputazione per la loro creatività e capacità innovativa. Ciò che non può essere così bene noto è che Apple goda anche di un sistema atto a consentire vastissimi risparmi fiscali, altamente sviluppato: un sistema attraverso il quale ha accumulato più di $ 100 miliardi di dollari di liquidità offshore presso i paradisi fiscali. La vendita offshore di diritti riguardanti la proprietà intellettuale, i brevetti ad altissimo valore aggiunto, unitamente ai profitti da essi generati, hanno rappresentano e rappresentano tutt’ora il fulcro della strategia fiscale della multinazionale. Sempre più frequentemente, le opere dell’ingegno si dimostrano essere la principale fonte di valore nell'economia globale, risultando anche molto mobile ragion per cui, differentemente dai beni tangibili, il suo valore può essere trasferito in tutto il mondo con un numero relativamente ridotto di passaggi caratteristica questa, che ha fatto sì che il genio immateriale creatore della proprietà intellettuale, alimentato e sviluppato negli Stati Uniti, nascondesse una dark-side, popolata di schemi societari volti a garantire il trasferimento attuale e potenziale dei profitti consequenziali, in giurisdizioni offshore. Il sistema di pianificazione fiscale aggressiva attuato da Apple si articola in due parti: in primo luogo, viene eseguito uno spostamento delle stesse potenzialità di produrre profitti tramite le sue opere dell’ingegno verso un paradiso fiscale offshore, indirizzandovi quindi il reddito derivato. Successivamente, vengono utilizzate una serie di tattiche per garantire che, una volta trasferito materialmente, detto reddito offshore resti schermato al fisco USA nonostante le disposizioni della legislazione fiscale volte a “catturarlo” in quanto tassabile. Alcune delle tecniche di Apple sono quelle tradizionalmente attuate nell’elusione fiscale internazionale dalle imprese che fanno degli intangibles il loro punto di forza aziendale: si pensi ad esempio all'uso dei Cost Sharing Agreement, tra la capogruppo e le sue controllate offshore, nonché all’utilizzo dei cosiddetti regolamenti "Check-the-box”, di cui sopra; altre, viceversa, sono connotate da un carattere di unicità. Apple sembra infatti aver cercato il Santo Graal dell’elusione fiscale, tramite il set-up di società offshore che, sostiene la multinazionale, risultano residenti in ciascuna nazione di riferimento per il mercato operativo ma non a fini fiscali, producendo quello che alcuni studiosi hanno definito il “reddito senza stato”2. Apple Inc. ha creato tre società offshore, deputate alla ricezione di decine di miliardi di dollari di reddito, ma che non hanno residenza fiscale né in Irlanda, dove sono state formalmente costituite, né negli Stati Uniti, dove operano i dirigenti di Apple che le gestiscono. La multinazionale ha organizzato la struttura societaria in modo tale da poter affermare che queste gosth companies, ai fini fiscali, non esistano da nessuna parte. Una di esse non ha pagato alcuna imposta sul reddito delle società in nessuno stato, negli ultimi cinque anni; un’ altra ha pagato tasse in Irlanda per un equivalente di un decimale di punto percentuale del suo reddito complessivo. La prima di queste società fantasma è AOI, Apple Operations International il cui unico proprietario è Apple. AOI (una società irlandese senza impiegati e non operativa) a sua volta, controlla direttamente ed indirettamente quasi tutte le entità offshore di Apple. Secondo la legge irlandese, solo le società gestite e controllate in Irlanda sono considerabili fiscalmente residenti. Apple, da canto suo, ha sempre evidenziato la circostanza in base alla quale, AOI sia sì costituita in Irlanda, ma non sia ivi gestita e controllata e quindi non risultino integrati i presupposti per considerarla residente nel Paese europeo. La legislazione fiscale degli Stati Uniti, d'altra parte, vige o meno, con riferimento al territorio in cui una società sia costituita e non con riferimento al luogo in cui essa sia gestita o controllata. Apple, ha dunque avuto vita facile nel dimostrare contemporaneamente che non essendo AOI costituita negli USA, non fosse neanche presente nel territorio americano ai fini fiscali. Quasi magicamente, non risulta residente né in Europa, né negli USA.
La seconda gosth company è Apple Sales International, o ASI. ASI, detiene i diritti economici delle proprietà intellettuali e dei brevetti di Apple per l’Europa, il Medio Oriente, l’Africa, l’India e l’Asia. Dal 2009 al 2012, i suoi ricavi da vendite sono stati pari a 74 miliardi dollari. Apple ha eseguito la stessa alchimia sperimentata con AOI, anche con ASI: questa è costituita in Irlanda, gestita dagli Stati Uniti, ma considerata dalla capogruppo, fiscalmente residente in nessuno dei due paesi. A differenza di AOI, ASI ha però pagato un piccolo ammontare di imposte in Irlanda: nel 2011, per esempio, ha versato 10 milioni di dollari in tasse a fronte di 22 miliardi di dollari di reddito, sopportando quindi, un tax rate effettivo pari a circa lo 0,05%, dovuto tra l’altro ad attività diverse rispetto a quelle del core business improntato allo sfruttamento delle opere dell’ingegno. Una terza controllata, Apple Operations Europe (AOE) collocata strutturalmente tra AOI e ASI, non ha alcuna residenza fiscale, ancor una volta a causa delle differenze normative sul tema, tra Irlanda e USA. Sembra dunque che sia sufficiente innestare in una struttura societaria, un’entità “strumentale” allo scompaginamento delle disposizioni normative sulla residenza fiscale, costituita in giurisdizioni aventi caratteristiche simili a quella Irlandese, per impedire la riconducibilità certa, del reddito prodotto ad un qualsiasi sistema impositivo. AOI non ha alcun proprietario, all’infuori di Apple. Essa, però, non risulta fisicamente presente a nessun indirizzo: in trenta anni di esistenza, non ha mai avuto alcun dipendente; la sua contabilità generale, il suo principale registro contabile, sono tenuti presso il centro di assistenza fiscale della Apple ad Austin, Texas; le sue finanze sono gestite da Braeburn Capital, controllata di Apple Inc. con sede in Nevada; le sue attività sono depositate su di un conto bancario a New York. I verbali di seduta, mostrano che il suo consiglio di amministrazione sia composto da due dipendenti di Apple Inc., uno dei quali residente in California ed un altro dipendente di Apple Distribution Internationl, società irlandese controllata da AOI, in Irlanda.Tra maggio 2006 a dicembre 2012, AOI ha svolto 33 riunioni consiliari, 32 delle quali a Cupertino, in California.; il consigliere irlandese ha partecipato a sole 7 di queste riunioni, sei delle quali per telefono. Le circostanze inerenti la vita societaria di ASI, sono praticamente identiche. AOI siede al vertice della strategia offshore di elusione fiscale di Apple. L’affermazione ad opera di questa che AOI e le altre controllate non siano fiscalmente residenti in nessuno stato è un elemento chiave della sua pianificazione, volta a prevenire il pagamento di qualsiasi imposta sul suo reddito offshore. Ma come giungo i redditi nel sistema offshore? La risposta non differisce da quella fornita nel caso Microsoft, in quanto anche in tale caso, il transfer pricing ed i Cost Sharing Agreements giocano un ruolo fondamentale. Apple ha sottoscritto un CSA con le sue controllate irlandesi. In realtà, il denaro necessario a sostenere i costi di sviluppo, pur passando di mano continua ad appartenere ad Apple, così come tutti i firmatari erano dipendenti di Apple. L'accordo formalmente ripartisce i costi da condividere tra le varie aziende della multinazionale, ma poiché essi, in definitiva, sono sostenuti con la liquidità proveniente dalla stessa cassa, l’accordo di condivisione dei costi finisce per attenere allo spostamento dei profitti generati dalla proprietà intellettuale sviluppata negli USA, concentrandoli nel mondo delle sue controllate in Irlanda. Ancora una volta, la proprietà intellettuale che genera profitti è stata realizzata negli Stati Uniti, ma la maggior parte dei profitti assegnati all’Irlanda. Perché la meta prescelta è stata questo paese Europeo? La risposta è da ricercare in un altro ma fino ad ora nascosto, elemento di grande successo della strategia fiscale di Apple, ovvero nella negoziazione con il governo irlandese, di un accordo volto a consentire il pagamento di un’ imposta sul reddito inferiore al 2 %, ben al di sotto dell’aliquota legale del 12%, così come di quelle di altri paesi europei e degli stessi Stati Uniti e comunque, come abbiamo visto, in pratica, Apple è stata in grado di pagare un tasso molto inferiore a quello concordato. Nel solo 2012, a causa dello spostamento dei profitti derivanti da tutte le vendite di Apple dagli USA verso l’Irlanda, l’ ASI, ha ricevuto 36 miliardi dollari di reddito in una nazione dove non paga praticamente alcuna imposta sul reddito. Tutto ciò, nonostante sia stato sottolineato dalla Commissione d’inchiesta, come il trasferimento operato da Apple, dei diritti di proprietà intellettuale attraverso CSA non fosse necessario per condurre le proprie operazioni commerciali. Apple Inc. è infatti presente in numerose parti del mondo, senza che per tale ragione abbia trasferito i diritti di sfruttamento economico dei propri brevetti ad ogni regione o paese in cui operi. Gli interessi di tutti le parti del CSA sono identici, e ancor di più, Apple Inc., che lo ha rinnovato più volte, da ultimo nel 2009, può modificarlo in qualsiasi momento, il che prova ulteriormente come non rifletta l’arm’s length principle. In secondo luogo, il 95 % delle attività di Ricerca e Sviluppo di Apple, il motore del successo dei prodotti Apple, è condotto negli Stati Uniti; eppure i dati forniti da essa forniti mostrano che, nel corso di un periodo di quattro anni 2009-2012, ASI ha pagato circa $ 5 miliardi ad Apple Inc. per la sua quota di adesione al CSA. Nello stesso periodo di tempo, ASI ha ricevuto profitti per 74 miliardi di dollari. La differenza tra i costi sostenuti ed i profitti generati, è pari a 70 miliardi dollari circa, somma che corrisponde all’ammontare di reddito tassabile che in assenza della stipula del CSA di Apple Inc. con le proprie controllate e di altre scappatoie fiscali sarebbe fluito verso gli Stati Uniti. Nello stesso arco di tempo, Apple Inc. ha pagato 4 miliardi dollari nell'ambito del CSA ed ha dichiarato profitti derivanti dalle vendite nelle Americhe per 38 miliardi di dollari. La sua controllata, ASI, ha ricevuto quasi il doppio dei profitti generati dall’intangibile sviluppato da Apple Inc. negli Stati Uniti. Il buon senso, ancor prima delle disposizioni normative, indurrebbe a ritenere che Apple Inc. non avrebbe mai potuto offrire un accordo così redditizio, negoziando in condizioni di libero mercato con una parte indipendente. Infatti, è difficile immaginare Apple offrire un accordo così vantaggioso ad un soggetto esterno, a condizioni identiche a quelle praticate intercompany. Il fatto che le società controllate irlandesi paghino una piccola quota dei costi di Ricerca e Sviluppo è irrilevante per l'obiettivo principale, costituito dalla concentrazione dei profitti offshore. Anche se le società controllate irlandesi pagassero il 100% , il CSA si tradurrebbe in un massiccia concentrazione di profitti nei paradisi fiscali e dunque in un elevato risparmio d’imposta.3 A seguito di questa breve descrizione dell’operatività del gruppo, è possibile notare come le stesse modalità di impiego elusivo della disciplina del transfer pricing e delle regulations della normativa Check the Box, si ripresentino sistematicamente nell’attività di tax planning: ai fini fiscali USA, Apple ha tratto ASI and AOE come entità disregarded totalmente controllate da AOI, costituita in Irlanda, priva di dipendenti, non operativa e considerata dalla stessa Apple non fiscalmente residente nel paese europeo; il fisco americano ha invece considerato tutti i redditi conseguiti da ASI d AOE , riconducibili ad AOI. ASI ed AOE, a loro volta, dovrebbero pagare le imposte in Irlanda, solo con riferimento alle attività ivi condotte, ma per il fisco del paese europeo non possono essere considerate fiscalmente residenti in quanto gestite da Cupertino; ASI è altresì parte del CSA stipulato con Apple, ma non è chiaro dove il reddito derivante dagli intangibili nei quali essa abbia un interesse economicamente rilevante, venga trattato come tale. Sembra essere allocato lontano dall’ Irlanda ai fini fiscali, potendo incarnare ciò che i tax planners chiamano “ocean income”. Sarebbe infatti difficile spuntare un tax rate effettivo meno del 2% se tale proventi fossero realmente (in senso giuridico) da sottoporre ad una delle due aliquote legalmente vigenti nello stato, del 12,5% o del 20% (sui redditi non derivanti da attività commerciali). Tali circostanze, sollevano l’ulteriore questione se i redditi trasferiti all’Irlanda, lo siano dagli Stati Uniti o dai paesi presso i quali siano ubicati i clienti della società (paesi-mercati). Non vi è dubbio che una parte provenga da questi, così come è abbastanza chiaro che la quota più consistente degli stessi derivi dalla tecnologia sviluppata da Apple. In definitiva, per le attività di vendita svolta fuori dagli USA, Apple ha usato i CSAs semplicemente per trasferire i redditi generati dall’attività di Ricerca e Sviluppo condotta negli USA, verso l’Irlanda o “to the ocean”, vale a dire verso giurisdizioni non identificabili con quella grado di certezza giuridica, presupposto dell’esercizio dell’attività impositiva, anche grazie all’impiego di una intermediate holding dei Paesi Bassi, attraverso le quali i profitti sono stata instradati fisicamente ed imputati giuridicamente in capo alla caraibica Baldwin Holdings Unlimited (nelle British Virgin Islands). L’obiettivo di una qualsiasi normativa inerente il Transfer Pricing, informata ai principi elaborati dall’OCSE, è quello di garantire neutralità fiscale a tutte le transazioni economiche e commerciali, siano esse compiute tra parti correlate o indipendenti. L’abilità delle multinazionali di trarre vantaggio dai prezzi di trasferimento praticati infragruppo, favorisce fortemente una strutturazione delle operazioni, strumentale allo spostamento dei profitti verso low-tax jurisdictions, vantaggio questo, largamente inaccessibile alle imprese che operino su base puramente nazionale. Apple non è stata l’unica ad eseguire ad operare nel modo descritto: anche Oracle ad esempio, ha sfruttato le costruzioni Double Irish with a Dutch Sandwich volte a dirottare i ricavi verso società residenti in tax havens, attraverso lo sfruttamento combinato della normativa tributaria irlandese e di quella olandese che a determinate condizioni (il cui soddisfacimento non appare tra i più ardui) garantisce un esenzione totale sui dividendi e sulle plusvalenze maturate in seno alle holding ivi costituite.4 

Antesignana della realizzazione di un’architettura societaria simile a quella appena illustrata (Double Irish with a Dutch Sandwich), avente l’obiettivo di sfruttare le opportunità elusive offerte dalla combinazione tra le disposizioni USA, riguardanti rispettivamente il transfer pricing, il regime giuridico delle entità aziendali (Check the box rules), i redditi delle CFCs (Subpart F dell’IRC) ed in grado di garantire la dissociazione del reddito imponibile da un qualsiasi luogo –dunque giurisdizione- fu, tra le grandi multinazionali dell’ Information Technology, Google. Nel 2003, pochi mesi prima della IPO (Initial Public Offering) Google Inc. stipulò un CSA con una filiale irlandese, interamente controllata e poco prima costituita, Google Ireland Holdings ("Ireland Holdings"), in base al quale questa acquistò dalla prima i diritti sulle tecnologie di ricerca e pubblicità ed altri beni immateriali per il territorio comprendente Europa, Medio Oriente e Africa ("EMEA"). Google iniziò le sua attività irlandesi nel 2003, con cinque impiegati. Ireland Holding, eseguì un buy-in payment per i diritti sulle tecnologie all’epoca esistenti e sottoscrisse il CSA al fine di sostenerne i futuri costi di sviluppo, in proporzione alle dimensioni del mercato EMEA. A livello pratico, il buy-in probabilmente rifletteva, in parte, la capitalizzazione di mercato di Google Inc. del tempo (la quale a sua volta avrebbe potuto rappresentare un buon indicatore del valore dei suoi beni immateriali); tale valore, inoltre, era presumibilmente di gran lunga inferiore rispetto a quello desumibile post IPO. Indipendentemente da ciò, nel 2006 Google negoziò un APA (Advance Pricing Agreement, i cui termini non sono mai stati resi pubblici) con l’IRS che accettò la bona fides dei pagamenti d’ingresso eseguiti nel 2003 per gli intangibili all’epoca esistenti. Nel giro di pochi anni, la struttura societaria mutò: in primo luogo, Ireland Holdings divenne una “dual resident company” in quanto per il fisco USA, continuava ad essere una società irlandese (essendo stata costituita formalmente nel paese europeo), ma per quello Irlandese divenne residente alle Bermuda (perché nell’arcipelago risiedevano la mente e la gestione della Holdings). In secondo luogo, Ireland Holdings concesse in licenza tutte le più importanti tecnologie operative, ad una controllata olandese (Google BV), la quale a sua volta li concesse in licenza ad un’altra controllata, Google Limited Ireland (Ireland Limited). Questa concesse in licenza le varie tecnologie in tutti i territori EMEA, raccogliendo miliardi di dollari di ricavi pubblicitari, derivanti dall’uso di quelle stesse tecnologie. Presumibilmente sia Google BV che Ireland limited, essendo posseduti da un solo soggetto, si avvalsero della possibilità loro offerta dalla Check the Box Rule, di essere considerate disregarded entity ai fini fiscali dei soli USA pur continuando a godere della personalità giuridica, condizione questa che amplia notevolmente le opportunità di arbitraggi fiscali internazionali. In tal modo, i redditi derivanti dall’uso degli intangibili di Google ad opera dei vari clienti nei paesi high – tax , giungono direttamente a Ireland Limited quali componenti dei suoi canoni pubblicitari, senza sostenere alcuna imposta nel paese d’origine, in quanto questi rappresentano costi che abbattono la base imponibile. Così, mentre gran parte del reddito di Ireland Limited, proviene presumibilmente dai clienti terze-parti presenti nella regione EMEA, lo stesso tipo di struttura può essere utilizzato per sottrarre il reddito alle affiliati operative nei vari mercati, le quali servono i consumatori di riferimento per poi trasferire il reddito conseguito verso l’Irlanda. L’effetto netto in entrambi i casi è che i proventi ottenuti tramite lo sfruttamento degli intangibles di Google in tutto il mercato EMEA, sono tassati solo in Irlanda. Come detto, questa applica un’imposta sul reddito delle società, pari al 12,5% e teoricamente Ireland Limited, dovrebbe essere soggetta a tale aliquota impositiva sul proprio reddito; tuttavia essa corrisponde consistenti e deducibili royalties a Google BV per l’uso degli intangibles fondamentali (cosiddetti core) trasferiti nel 2003 (poi sviluppati tramite gli investimenti realizzati nell’ambito del CSA). Google BV , a sua volta, corrisponde royalties per un importo corrispondente a quello ricevuto da Ireland Limited, a Ireland Holdings. Questa, nella prospettiva del fisco Irlandese, è una società residente nelle Bermuda e le Bermuda non applicano alcuna imposta sul reddito delle società. Google BV esiste perché le royalties pagate direttamente da una compagnia irlandese ad una delle Bermuda (cioè, da Ireland Limited a Ireland Holdings) sarebbero soggette ad una ritenuta alla fonte. Questa, invece, non si applica a quelle pagate ad una società residente in uno dei paesi membri dell’UE, anche nel caso in cui fosse una partecipata, apparentemente priva di utilità funzionale, fatto salvo che per il risparmio della ritenuta alla fonte, da essa consentito. I Paesi Bassi non applicano alcuna imposta sulle royalties in uscita, pagate a Ireland Holdings, limitandosi alla riscossione di un tassa molto contenuta (essenzialmente un compenso per l’uso del proprio sistema impositivo) sul modesto spread tra le royalties che Google BV riceve e quelle da esse pagate ad Ireland Holdings (E’ pratica diffusa negoziare anticipatamente con le autorità fiscali del luogo detto differenziale). Nel frattempo, dal punto di vista del fisco USA, né Ireland Limited né Google BV esistono, in quanto disregarded entities. Gli Stati Uniti, vedono solo una società Irlandese (Ireland Holdings) e non Bermudiana, con una filiale nelle Bermuda, dove la maggior parte del suo reddito netto si ferma. Il risultato finale è un aliquota fiscale prossima allo zero sul reddito proveniente dai clienti in Europa, Medio Oriente, Africa, attribuibile agli intangibili di alto valore racchiudenti la parte più significativa dei fattori economici di produzione di Google e un’ aliquota molto bassa sui redditi attribuibili ai servizi di vendita della multinazionale, aventi base in Irlanda. La “macchina” generatrice di redditi senza stato, è indicata come struttura “Double Irish” a causa dell’uso di due aziende Irlandesi; il nomignolo “Dutch Sandwich” deriva dall’inserimento di Google BV avente quasi il ruolo di riempitivo fiscale tra le due aziende irlandesi. E’ importante segnalare come la struttura passata in rassegna sia facilmente replicabile da altri (ed infatti è stato riportato essere in ampio uso tra le multinazionali della tecnologia statunitensi); non vi è nulla della struttura che poggi su di un modello di business o asset di Google aventi carattere di unicità. Per le sofisticate aziende multinazionali americane questa soluzione è semplicemente uno strumento tra i tanti disponibili nell’ambito della pianificazione dello stateless income.5

1 Cfr. F. MELLO, Steve Jobs. Affamati e folli. L'epopea del genio di Apple e il suo testamento alle generazioni future, Reggio Emilia, 2011, pp. 1 ss.
2 Cfr. E.D. KLEINBARD, Stateless Income, in University of Florida College of Law, Florida Tax Review, 2011, Vol. 11, n. 9, pp. 701 ss.
3 Cfr. C. LEVIN, U.S Statement Of Senator Carl Levin (D-Mich) Before Senate Permanent Subcommittee On Investigations On Offshore Profit Shifting And The U.S. Tax Code – Part 2 (Apple Inc.), May 21, 2013, pp. 4 – 6.
4 S.E. SHAY, Testimony of Stephen E. Shay Before the U.S. Senate Permanent Subcommittee on Investigations Of the Committee on Homeland Security and Governmental Affairs Hearing on Offshore Profit Shifting and the Internal Revenue Code, May 21, 2013, pp. 9 – 10.
5 Cfr.E.D. KLEIBARD, Stateless Income, in University of Florida College of Law, Florida Tax Review, 2011, Vol. 11, n. 9, pp. 706 – 713.


domenica 20 gennaio 2019

IL PROFIT SHIFTING ATTUATO DALLE MULTINAZIONALI STATUNITENSI DELL' INFORMATION TECHNOLOGY PER MEZZO DEL TRANSFER PRICING: CONTESTO DI RIFERIMENTO



La crisi del debito USA ed il permanere da alcuni anni lungo l’orlo del burrone fiscale (cosiddetto fiscal cliff) hanno conferito una nuova urgenza alla necessità di comprendere come cittadini e società statunitensi abbiano usato le lacune normative e generato espedienti al fine di evitare di pagare le imposte dovute. La Commissione di Inchiesta Permanente istituita presso il Senato USA, ha dimostrato, nel corso di una serie audizioni e tramite la raccolta di una consistente mole di documenti, tra i quali quelli contenenti le strutture di vari schemi societari, come questi abbiano aiutato i contribuenti a trasferire il proprio reddito verso i tax havens omettendo di versare il dovuto nelle casse dell’erario americano. La fortissima perdita di entrare registrata dal bilancio federale è considerata una delle cause maggiori del deficit USA, nonché causa dell’incremento del carico fiscale mediamente sopportato dai cittadini ordinariamente adempienti le rispettive obbligazioni tributarie. A ritagliarsi un ruolo di primo piano nella esecuzione di architetture societarie volte a ridurre o ad annullare gli oneri tributari statunitensi, sono state proprio –secondo la Commissione- le multinazionali dell’Information Technology come Microsoft, Hewlett - Packard, Apple e –seppur con caratteristiche operative parzialmente differenti- Google. Il primo step atto a consentire lo spostamento di profitti verso giurisdizioni offshore ha – normalmente -luogo nel momento in cui una società statunitense decida di impiegare il processo operativo del transfer pricing, al fine di vendere o concedere in licenza beni intangibili di alto valore sviluppati negli Stati Uniti, alla (o alle) propria controllata residente o localizzata in una low – tax jurisdiction, ad un prezzo più basso di quello considerato at arm’s length. Le controllate, ai sensi della normativa fiscale statunitense, in generale, dovrebbero corrispondere un prezzo riflettente le condizioni di libero mercato per gli assets ricevuti, ma la valutazione di quelli immateriali, come la proprietà intellettuale, risulta complessa ed è quindi difficile sapere quale prezzo avrebbe pagato una terza parte indipendente, per acquistare lo stesso bene oggetto della transazione controllata. Secondo la Commissione, sarebbe ampiamente accertata anche nella letteratura scientifica, la circostanza che vede la lievitazione artificiale dei profitti nei low- tax countries e la loro depressione in quelli high –tax, tramite politiche aggressive dei prezzi di trasferimento non aderenti all’arm’s length principle nell’ambito delle transazioni intercompany. Per poter comprendere quale impatto possa avere – a livello quantitativo – un loro impiego, esclusivamente tax driven, appare utile riportare alcuni valori riferibili ai prezzi di trasferimento praticati tra la Microsoft le sue controllate. Nel 2011 due gruppi offshore pagarono a Microsoft USA 4 miliardi di dollari per l’acquisto di diritti su opere dell’ingegno: più precisamente Microsoft Singapore pagò 1.2 miliardi di dollari e Microsoft Ireland 2.8 miliardi di dollari. La prima, dalla commercializzazione dei diritti ha conseguito ricavi complessivi per 3 miliardi di dollari; la seconda per 9 miliardi di dollari. Microsoft USA dunque vendette –intercompany- diritti per 4 miliardi di dollari, dalla cui commercializzazione le controllate offshore hanno poi conseguito ricavi per 12: ciò significa che Microsoft ha spostato 8 miliardi di dollari di componenti positive di reddito offshore, nonostante oltre l’ 85% dell’attività di ricerca e sviluppo di Microsoft fosse condotta negli USA. Un'altra manovra compiuta da Microsoft ha richiamato l’attenzione delle Autorità Statunitensi: l’accordo sui prezzi di trasferimento con una propria controllata portoricana. In generale, detti accordi riguardano i diritti delle controllate offshore di vendere in paesi stranieri, gli assets ceduti dalla controllante. La controllante statunitense, solitamente, continua a possedere i diritti economici per gli Stati Uniti, nei quali vende i propri prodotti, generando reddito e pagando le rispettive imposte. Tuttavia, nel caso in esame, la multinazionale ideò un modo per evitare le tasse statunitensi anche su di una vasta quota del profitto realizzato grazie alle vendite eseguite sul territorio USA. Microsoft USA vendette infatti i diritti per commercializzare le sue opere dell’ingegno nelle Americhe (inclusive degli USA) alla controllata Microsoft Puerto Rico. La controllante poi, riacquistò da questa i diritti di distribuzione per gli stessi Stati Uniti. In pratica la Microsoft USA ricomprava una parte dei diritti poco prima venduti. Perché Microsoft ha posto in essere uno schema operativo di tale natura? Perché nell’ambito dell’accordo di distribuzione, Microsoft Stati Uniti si impegnava a corrispondere a Microsoft Puerto Rico una certa percentuale dei ricavi delle vendite che riceveva dalla distribuzione dei Prodotti Microsoft negli Stati Uniti . Nel 2011, il 47% dei proventi delle vendite di Microsoft conseguiti negli USA sono stati spostati a Puerto Rico in virtù di questo accordo che ha di fatto consentito alla casa madre statunitense di evitare il pagamento di 47 centesimi di tasse su ogni dollaro di ricavo proveniente dalla vendita dei prodotti nel proprio paese di residenza. Il prodotto è stato lì sviluppato, lì venduto, ma Microsoft USA, grazie all’uso artificioso delle politiche dei prezzi di trasferimento ha evitato il pagamento delle imposte su circa la metà del reddito. E’ anche importante notare che la controllante Microsoft USA pagò alla controllata, per i soli diritti di vendita negli Stati Uniti, molto più di quanto Microsoft Puerto Rico ad essa corrispose per un pacchetto di diritti molto più ampio. 1
La disciplina del Transfer Pricing statunitense è contenuta nella Section 482 dell’Internal Revenue Code (IRC) e affonda le proprie radici nel Revenue Act del 1918, la cui Sezione 240 prevedeva la compilazione e la presentazione del bilancio consolidato, in grado di evidenziare i risultati economici delle società del gruppo ed a cui sensi, due o più imprese nazionali erano considerate affiliate se una società possedesse direttamente o controllasse […] attraverso interessi strettamente collegati [..] sostanzialmente l’intero capitale dell’altra o altre, o se sostanzialmente tutto il capitale di due o più società fosse posseduto o controllato dagli stessi soggetti. Il Congresso, in tal modo, riconobbe l’esistenza di imprese sottoposte al controllo comune, cercando di definirne il concetto unitamente a quello di affiliazione. Il Revenue Act del 1921 aggiunse una previsione (la Section 240-d) a quello del 1918: «[...] che in ogni caso di due o più trades o businesses (dotati o meno di personalità giuridica ed organizzati o meno negli Stati Uniti) posseduti o controllati direttamente o indirettamente dagli stessi interests, l’Amministrazione può apportare aggiustamenti ai conti di tali trades o businesses collegati, ove ritenuto opportuno, al fine di realizzare un’accurata distribuzione o allocazione di guadagni, profitti, reddito, deduzioni, o capitale da o tra esse». Quindi, sembra che già nel 1921 il Congresso fosse consapevole della possibilità del profit shifting arbitrario tra le imprese soggette ad un controllo comune, così come riconobbe che una società potesse essere controllata indirettamente e non solo direttamente per effetto della proprietà di oltre il 50% del capitale azionario. I Revenue Acts del 1924 e del 1926 resero le riallocazioni dei profitti, addirittura obbligatorie su richiesta del contribuente, ai sensi delle rispettive Sections 240(d) e 240(f). Il Revenue Act del 1928 diede invece all’Amministrazione finanziaria il potere di allocare il reddito lordo o le deduzioni tra le imprese controllate dagli stessi interests, al fine di prevenire l’evasione fiscale o di fornire una visione veritiera del risultato economico delle società oggetto di analisi. Due aspetti di questo Act sembrano degni di nota. Uno consiste nell’omissione del termine “correlata” con riferimento alle imprese comunemente controllate. Questa fu probabilmente la motivazione alla base del forte accento posto sulla locuzione “contribuente correlato”, nel famoso caso giudiziario del 1931, Nowland Realty Co. v. Comm'r, 47 F.2d 1018 (C.A. 7th, 1931). L’altro, è l’apparente volontà del legislatore di attribuire all’Amministrazione finanziaria, l’autorità di applicare le citate norme con l’obiettivo – per la prima volta - di prevenire l’evasione o di garantire la chiara rappresentazione contabile dei risultati di gestione delle unità del gruppo. Il Revenue Act del 1934 aggiunse il termine “organizations” alle parole “trades or businesses”, ma al di là di questo cambiamento, la disciplina attraversò immutata
sia l’Internal Revenue Code del 1939 che la Section 482 del Code del 1954.2 Le prime disposizioni (cosiddette Regulations) attuative del transfer pricing, furono emanate solo nel 1968, omettendo però di fornire istruzioni adeguate a valutare il potenziale elusivo di transazioni aventi ad oggetto la cessione di “high value intangibles”. Queste furono introdotte solo nel 1986 con la Tax Reform Act, che inserì nella Section 482 dell’IRC la seguente disposizione, nota con come super royalty provision o commisurate with income standard, ancora in vigore: «nel caso di ogni trasferimento (o licenza) di beni immateriali [..] il reddito riferibile a tale trasferimento o licenza deve essere commisurato a quello attribuibile all’ intagible». Nel 1992 l’IRS emanò un nuovo set di Regulations, rappresentanti un notevole elemento di novità rispetto a quelle del 1968, in quanto introdussero il cosiddetto Comparable Profit Interval (CPI), tramite il quale veniva riconosciuta: la possibilità di applicare, per la prima volta, alle transazioni intercompany, un metodo non strutturato sulle transazioni ed ammettevano l’esistenza di un range di prezzi basato sull’arm’s length standard. Nel 1993 furono emanate dall’IRS, sia le Proposed Regulations che di fatto neutralizzavano l’operatività del CPI, estendendo l’applicazione della best method rule anche alle transazioni aventi ad oggetto beni immateriali e richiamando l’arm’s length principle quale criterio di riferimento di tutti i metodi di calcolo dei prezzi di trasferimento in esse specificati, sia le Temporary Penalty Regulations con le quali l’IRS recepì alcune modifiche introdotte nell’ordinamento penale dal Revenue Reconciliation Act approvato nello stesso anno. Nel 1994 furono emanate le Final Regulations, con le quali l’IRS stabilizzò le precedenti Temporary, tracciando la struttura della Section 482 dell’IRC rubricata “Allocation of income and deductions among taxpayers”, attualmente vigente.3 La differenza principale tra le disposizioni finali e temporanee consiste nella maggiore flessibilità che le prime garantiscono sia al contribuente che al Servizio. Anziché basarsi sulla superiorità del CPM (Comparable Profit Method), le disposizioni finali sottolineano l’uguaglianza di tutti i metodi specificati, lasciandoli liberi di illustrare le ragioni secondo le quali quello prescelto fornisca i migliori risultati di libero mercato, nel rispetto della BMR (Best Method Rule). L'innovazione più significativa dei regolamenti definitivi è invece stata l'elevazione del profit split method ad una condizione di parità con tutti gli altri, volti alla definizione del risultato di libero mercato. L'analisi a due livelli di seguito indicata, può essere eseguita nei casi in cui una delle parti possegga beni immateriali di elevato valore che abbiano portato ad un utile residuo superiore al profitto derivante dalle normali funzioni delle parti. In primo luogo, gli utili derivanti dalle funzioni standard svolte dalle parti sono assegnati sulla base dei comparables di mercato, e in secondo luogo, l'utile residuo è suddiviso con riferimento alla parte che ha sostenuto i costi di sviluppo dei beni immateriali (e non con riferimento a quella formalmente proprietaria dell’intagible). Gli Stati Uniti, per molti anni, sono stati riluttanti a consentire un ampio uso dei metodi basati sulla ripartizione dei profitti, poiché essi non fanno riferimento esclusivamente ai risultati delle operazioni tra parti indipendenti nella determinazione del risultato di libero mercato. Nella misura in cui non si basino su tali risultati, possono essere considerati non coerenti con l’arm’s length standard. Vi sono, tuttavia, casi in cui è impossibile individuare i dati adeguati per applicare in modo affidabile uno degli altri metodi: in tale ipotesi il profit split method può essere il migliore disponibile. L'adozione del metodo di ripartizione del profitto nei regolamenti definitivi, segna il culmine della tendenza osservabile dal 1972: la caduta del tradizionale comparable-based ALS e la sua sostituzione con una definizione allargata di “arm’s lenght”, comprendente qualsiasi metodo idoneo a rappresentare risultati di libero mercato.4 Il 7.9.2003 il Tesoro USA, con l’intento di combattere le pratiche elusive condotte dalle multinazionali al fine di trasferire ingenti profitti verso low-tax jurisdictions ed aventi ad oggetto gli intangibles, emanò le Proposed Regulations entrate in vigore l’ 1.1.2007 ed oggetto di critiche in quanto tramite esse, l’IRS tenderebbe ad enfatizzare il ruolo del distributore quando esso operi negli USA, minimizzando invece il ruolo di quello operante all’estero, quando la verifica venga condotta su di un’affiliata USA che non sia distributiva.5 Secondo quanto in esse riportato, la corretta determinazione del reddito imponibile deve essere effettuata avendo riguardo all’arm’s lenght principle: «nel determinare il reddito effettivamente tassabile di un contribuente controllato, lo standard che deve essere applicato è quello di un contribuente negoziante in condizioni di libero mercato con una terza parte non soggetta a controllo. Una transazione sottoposta a verifica si considera rispettosa dell’arm’s length principle se i suoi risultati siano corrispondenti con quelli che sarebbero stati realizzati, qualora un contribuente terzo ed indipendente avesse eseguito la stessa transazione, nelle stesse circostanze (arm’s length result). Tuttavia, poiché transazioni identiche sono raramente individuabili, la determinazione del rispetto dell’arm’s length ad opera dei risultati della transazione sottoposta a controllo sarà effettuata con riferimento a quelli derivanti da transazioni comparabili eseguite in circostanze analoghe […]. La valutazione riguardante la produzione di risultati at arm’s length o meno, ad opera di una transazione sottoposta a verifica è eseguita in conformità al metodo selezionato nel rispetto della best method rule descritta nel § 1.482-1(c)».6 La Section 482, attribuisce invece all’Amministrazione finanziaria, la possibilità di rettificare il reddito imponibile del contribuente, come segue: «in ogni caso di due o più organizations, trades, o businesses (dotati o meno di personalità giuridica, organizzati o meno negli USA, e affiliati o meno) posseduti o controllati direttamente o indirettamente dagli stessi interests, il Segretario può distribuire, suddividere, o allocare il reddito lordo, le deduzioni, i crediti, o detrazioni da o fra dette organizations, trades, o businesses, se esso dovesse ritenere tale distribuzione, suddivisione, o allocazione, necessaria al fine di prevenire l’evasione fiscale o di riflettere chiaramente il reddito di ciascuna di esse. In ogni caso di trasferimento (o licenza) di beni immateriali (nel senso di cui alla sezione 936(h)(3)(B), il reddito riferibile a detto trasferimento o licenza deve corrispondere con quello effettivamente attribuibile all’intagible».
Alcune precisazioni sembrano necessarie. La Section 482 consente la verifica dei prezzi di trasferimento praticati, non solo nelle transazioni intercorse tra un soggetto residente ed uno non residente (non diversamente dall’articolo 110 comma 7 del TUIR), ma anche tra quelle eseguite tra soggetti entrambi svolgenti attività economica tassabile negli USA. Inoltre, le Regulations del Tesoro statunitense hanno fornito definizioni molto ampie della platea dei soggetti destinatari della normativa in rassegna. La locuzione “organization”7, include ogni genere di organizzazione, sia essa un’impresa individuale, una società di persone, un trust, un estate, un’associazione, una società di capitali, prescindendo dal luogo di organizzazione, operatività, conduzione del commercio e dell’attività, ed indipendentemente dal fatto che essi siano statunitensi o esteri, o che essi siano parte di un gruppo che predisponga o meno il bilancio consolidato fiscale in USA.
I termini “trade” o “business”8, includono un commercio o un’attività di ogni genere, senza riguardo se siano organizzate o meno, se condotte individualmente o altrimenti, e senza riguardo del luogo di operatività.
Taxpayer9, è inteso come ogni persona, organization, trade o business, soggetti o meno a qualunque imposta erariale.
Il termine “controlled”10, comprende ogni genere di controllo, diretto o indiretto, esercitato o esercitabile, ed altresì quello risultante dalle condotte di due o più taxpayers i quali agiscano di comune accordo o aventi un obiettivo o un fine comune. E’ decisiva l’effettività del controllo, non la sua forma. Una presunzione di controllo si presenta, qualora il reddito o le deduzioni siano state ripartiti arbitrariamente.
Il termine “controlled taxpayer”11, indica uno o più taxpayers posseduti o controllati direttamente o indirettamente dagli stessi interests, ed include il taxpayer che possiede o controlla gli altri.
Le locuzioni “group”, “controlled group”, e “group of controlled taxpayers”12 si riferiscono ai taxpayers posseduti o controllati direttamente o indirettamente dagli stessi interests.
Transaction”13 indica ogni vendita, conferimento, concessione in leasing, licenza, prestito, anticipazione di cassa, contribuzione, o ogni altro trasferimento di interesse o di diritto di usare ogni proprietà (sia essa materiale o meno, reale o personale) o di denaro, comunque tale transazione si effettuata, e siano i termini e le condizioni della stessa formalmente documentati o meno. Una transazione include anche la prestazione di ogni servizio a beneficio di, o da parte di, un altro taxpayer
Controlled transaction” o “Controlled transfer”14, indicano ogni transazione o trasferimento tra due o più membri dello stesso gruppo di taxpayers soggetti a controllo.
In linea con quanto stabilito (e sopra ricordato) dalla Sezione 482 dell’IRC, relativamente alla scelta del metodo da utilizzare per la determinazione del transfer pricing, espresso in termini di best method rule, è indispensabile un richiamo alle Treasury Regolations stabilenti altresì: «il risultato at arm’s length di una transazione controllata deve essere determinato con il metodo che, secondo i fatti e le circostanze, fornisca la misura più attendibile di un risultato di libero mercato. Pertanto, non vi è quindi alcuna stretta priorità di metodi, e nessun metodo sarà invariabilmente considerato più affidabile di altri. Un risultato di libero mercato può essere determinato con qualsiasi metodo senza stabilire l'inapplicabilità di un altro, ma se in seguito dovesse esserne indicato un altro, atto a produrre una misura più attendibile del risultato di mercato, deve essere utilizzato tale altro metodo. Allo stesso modo, se due o più applicazioni di un unico metodo fornissero risultati inconsistenti, il risultato di libero mercato deve essere determinato secondo l'applicazione che, tenuto conto dei fatti e delle circostanze, fornisca la misura più attendibile del risultato di mercato».15
  • Determinazione del best method. I dati basati sui risultati delle operazioni tra parti indipendenti, forniscono la base più obiettiva per determinare se i risultati di una transazione controllata siano o meno coerenti con i normali valori di mercato. Così, nel determinare quale dei due o più metodi (o applicazioni di un singolo metodo) disponibili, fornisca la misura più attendibile del risultato di mercato, i due fattori principali da prendere in considerazione sono: il grado di comparabilità tra la transazione controllata (o taxpayer) ed un qualsiasi comparable indipendente e la qualità dei dati e delle ipotesi utilizzati nell'analisi. Inoltre, in alcune circostanze, può anche essere rilevante valutare se i risultati di un'analisi siano coerenti con i risultati di un'altra eseguita con metodo differente.16
  • Comparabilità. La relativa affidabilità di un metodo basato sui risultati di operazioni tra parti indipendenti dipende dal grado di comparabilità tra la controlled transaction o taxpayers ed i comparables indipendenti, tenendo conto dei fattori descritti nel § 1.482-1(d)(3) (fattori per la determinazione della comparabilità), ed è determinabile solo dopo aver effettuato gli aggiustamenti per le differenze, come descritto nel § 1.482-1 ( d ) ( 2) (standard della comparabilità). All’aumentare del grado di comparabilità, il numero e l'estensione delle differenze potenziali che potrebbero rendere imprecisa l'analisi si riducono. Inoltre, se gli aggiustamenti venissero effettuati per aumentare il grado di comparabilità, il numero, la grandezza e l'affidabilità di tali modifiche influenzerebbero l' affidabilità dei risultati dell'analisi. Pertanto, l'analisi realizzata impiegando il metodo CUP sarà generalmente più affidabile di quelle realizzate usando altri metodi, a condizione che la prima si basi su transazioni uncontrolled strettamente comparabili, in quanto, una tale analisi può ritenersi raggiunga un grado di comparabilità superiore ed essere suscettibile di minori differenze rispetto a quelle compiute con altri metodi. Un'analisi sarà relativamente meno affidabile, tuttavia, al diminuire della comparabilità dell’uncontrolled transaction rispetto alla controlled.17
  • Dati ed ipotesi. Se un metodo sia in grado di fornire o meno la misura più attendibile del risultato di mercato, dipende anche dalla completezza e dall'accuratezza dei dati sottostanti, dall'affidabilità delle ipotesi, e dalla sensibilità dei risultati alle eventuali carenze nei dati e nelle ipotesi medesime. Tali fattori sono particolarmente rilevanti nella valutazione del grado di comparabilità tra le transazioni controllate e non controllate.18
  • I metodi utilizzabili per i beni materiali ed immateriali. La Section 482 dell’IRC, al fine di valutare le transazioni relative alla cessione intercompany di beni materiali, reputa possibile utilizzare uno dei seguenti metodi: CUP, Resale Price Method, Cost Plus Method, Comparable Profit Method, Profit Split Method, Unspecified Methods. Nell’impiegare un “metodo non specificato” il contribuente dovrebbe tenere in conto il principio generale secondo il quale, parti indipendenti valutano i termini di una transazione considerando le alternative realistiche a quella transazione e decidono di entrare in una transazione particolare solo se nessuna alternativa sia ad essa preferibile.19 Ai senti dei Treas. Regs. 1.482.4 gli stessi metodi possono essere impiegati per la determinazione at arm’s length delle transazioni aventi ad oggetto beni immateriali.
1 Cfr. C. LEVIN, Statement Of Senator Carl Levin (D-Mich) Before U.S. Senate Permanent Subcommittee On Investiations On Offshore Profit Shifting And The U.S. Tax Code, September 20, 2012, pp. 1 – 3.
2 Cfr. R. N. LENT, New Importance for Section 482 of the Internal Revenue Code, in William and Mary Law Review, 1966, Volume 7, Issue 2, pp. 345 – 346.
3 Cfr. P. VALENTE, ult.op.cit., pp. 694 – 695.
4 Cfr. R. S. AVI-YONAH, The Rise and Fall of Arm's Length: A Study in the Evolution of U.S. International Taxation, in University of Michigan Law School Working Paper, 2007, pp. 23 – 24.
5 Cfr. A. MUSSELLI – A. C. MUSSELLI, ult.op. cit., p. 748.
6 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1
7 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (i).
8 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (i).
9 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (i).
10 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (i).
11 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (i).
12 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (i).
13 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (i).
14 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (i).

15 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (c).
16 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (c) (2)

17 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (c) (2)(i).
18 Cfr. Treas. Regs. 1-482.1 (c) (2)(ii).
19 Cfr. Treas. Regs. 1.482-4(d).