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In generale, la disciplina approntata dagli stati europei in materia di strumenti finanziari ruota intorno alla MIFID; la MIFID è però solo uno dei tasselli del complesso sistema normativo in materia di strumenti finanziari il quale, a sua volta, presenta sia un approccio territoriale che market-focused.Questo significa che nel caso in cui un qualsiasi strumento finanziario dovesse essere offerto o negoziato su di un mercato fisicamente collocato in UE, automaticamente, dette attività saranno assoggettate alla disciplina europea in materia finanziaria. Viceversa, nel caso di operatività sviluppata in paesi terzi, le autorità dei singoli stati provvederanno ad adottare i passi necessari all’implementazione di un più ampio coordinamento. Tuttavia, l’ UE ha -negli anni- interpretato latamente il criterio della territorialità nel senso che, ad assumere importanza non è soltanto il luogo in cui vengano offerti o negoziati gli strumenti finanziari, ma anche gli effetti sui mercati europei di eventuali condotte commissive od omissive materialmente consumate all’ estero. Quanto detto si evince chiaramente dagli artt. 2 e 4 della MAR. i quali attraggono a sanzione le condotte ivi tipizzate anche se realizzate fuori dall’ UE in caso di conseguenze sui mercati europei.
Passiamo invece alla normativa sul prospetto. A tal proposito è necessario distinguere tra: questioni MIFID concernenti il prospetto e Regolamento UE in materia di strumenti finanziari. La prima è applicabile solo ai mercati secondari attivi nei singoli stati membri; il secondo, invece, a tutte le cosiddette “offerte iniziali al pubblico di strumenti finanziari” realizzate su di un qualsiasi mercato primario dell’ UE ,anche nel caso in cui non dovessero essere offerti, in seguito, su alcun mercato secondario. Ne consegue che, chiunque intendesse offrire strumenti finanziari, titoli, per lo meno su di un mercato primario europeo (nell’accezione di mercato di un paese UE) dovrà rispettare, la disciplina UE in materia di strumenti finanziari. Tuttavia, la normativa europea non copre tutti gli aspetti legali delle IPOs e delle ICOs.
Inoltre, come detto, l ‘UE lascia ai singoli stati la disciplina di dettaglio in materia di prospetto, circostanza che potrebbe farci supporre che nonostante l’esistenza del mercato unico europeo, la scelta dello stato in cui lanciare l’ IPO (e quindi l’ ICO) continui ad essere rilevate in termini di scelta del regime giuridico. Secondo alcuni, questo dovrebbe coincidere geograficamente, per quanto riguarda il prospetto, con la lex societatis, ovvero con il diritto commerciale applicabile all’emittente individuabile in base al luogo di sua costituzione o in base alla sede legale; secondo altri, invece, dovrebbe essere applicato il principio della lex mercatus, vale a dire: nel momento in cui un emittente decidesse di offrire strumenti finanziari sui mercati di un dato stato membro, automaticamente, dovrebbe essere sottoposto alla disciplina di questo relativamente agli obblighi di predisposizione e pubblicazione del prospetto. Qui nasce il primo problema: mentre i mercati tradizionali hanno un indirizzo fisico ben preciso, i tokens sono offerti tramite siti internet sul web. Ne consegue che, affinché la lex mercatus possa continuare ad avere un senso, la disciplina europea dovrebbe trovare applicazione ogniqualvolta il sito dell’emittente i tokens possa essere raggiunto e questi acquistati via internet per il tramite di un pc o di altro device situato geograficamente all’interno dell’ UE.
Come già avrete ben capito dalla lettura di questi due post, il framework normativo cripto-europeo risulta essere abbastanza incasinato(come tutte le cose a marchio UE d’altronde) e lo è ancor di più se rapportato a quello statunitense. Negli USA, il riferimento dal quale partire al fine di stabilire se la disciplina in materia di strumenti finanziari sia o meno applicabile ai tokens, è il cosiddetto Howey test (come forse saprete il sistema giuridico americano è per lo più a base casistica-giurisprudenziale, quindi di common law e non di civil law). Nell’ ambito dell’ Howey test, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha fornito una serie di parametri la cui sussistenza permette di rilevare la presenza di un contratto d’investimento. Quali sono questi parametri? L’ aver investito denaro in un’azienda a fronte di una ragionevole aspettativa di profitti derivanti dagli sforzi imprenditoriali e/o manageriale di terzi. Infatti, nel momento in cui investiamo danaro con l’aspettativa di un profitto derivante dall’attività di terzi, automaticamente ci collochiamo in un’asimmetria informativa che vede protagonisti da una parte noi ed avente ad oggetto l’effettiva capacità e volontà degli emittenti di raggiungere gli obiettivi promessi. Pertanto, è proprio in situazioni del genere che l’obbligo di pubblicare un prospetto informativo assume un senso. Coerentemente, la SEC (omologa federale della CONSOB, quindi l’ ESMA americana) a luglio 2017 ha applicato l’ Howey test ai DAO tokens, qualificando il loro acquisto quale contratto d’investimento e quindi i token medesimi quali strumenti finanziari. Tuttavia, i dati interessanti del “DAO case” sono altri:
- la SEC, infatti, ha considerato del tutto irrilevante il fatto che i tokens DAO fossero distribuiti in cambio di cripto e non in cambio di dollari o altra fiat, confermando il precedente (SEC v. Shavers) nel quale sosteneva che gli investimenti in bitcoin equivalessero ad investimenti in danaro fiat;
- la SEC ha considerato il veicolo creato da DAO al pari di una comunissima azienda;
- la SEC è giunta alla conclusione di cui al punto precedente in ragione del fatto che gli investitori si attendessero, alla luce del materiale pubblicitario e delle comunicazioni effettuate dagli emittenti, di conseguire dei profitti derivanti dalla corresponsione di dividendi, altri pagamenti periodici o dal mero incremento del valore dell’investimento. E badate bene: nessun peso è stato dato dalla SEC al fatto che i detentori dei tokens disponessero di diritti di voto nell’ ambito dell’ ecosistema DAO perché, per la Commissione, era sufficiente che i promotori avessero dato garanzia di significativi sforzi strumentali al raggiungimento di un profitto a vantaggio dei detentori versanti, nonostante i predetti diritti, in una condizione di forte asimmetria informativa. Ed in Europa? Le autorità europee non hanno mai pubblicato nulla di così dettagliato e da qui la necessità di provare ad approfondire, con questa serie di post, il framework giuridico europeo.
- Pezzo scritto ascoltando
ma sei sparito da FB? :D
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