Cari amici, nell' insight del blog ho rilevato alcuni accessi connessi all' uso della chiave di ricerca di cui al titolo, ragion per cui ho pensato di scrivere un piccolo post che, lungi dall'essere esaustivo, si propone di fornire alcuni spunti di riflessione sulle fasi del processo conducente al collasso di una banca avente rilevanza sistemica.
Quando parlo di banca sistemica intendo riferrmi alle grandi banche d'affari, alle cosiddette dealer banks. Cos'è una dealer bank? E' una banca che, tra le tante attività svolte, si pone quale controparte in migliaia di operazioni condotte da hedge funds, da altre banche, da grandi investitori individuali, da aziende, ecc., aventi ad oggetto la compravendita dei più svariati strumenti finanziari, derivati e non, siano essi negoziati sui mercati regolamentati o scambiati OTC.
In tal senso è necessario fare una premessa. Astrattamente, il maggior rischio sistemico risulta connesso agli strumenti negoziati OTC; tuttavia, molte cose sono cambiate dall' ultima crisi finanziaria ad oggi. I rapporti OTC possono essere regolati bilateralmente o tramite controparti centralizzate (CCPs -central couterparties). Nel primo caso (compensazione bilaterale), le due parti si accordano -preventivamente- su ogni singolo aspetto del trade; le CCPs, invece, sono simili alle clearinghouses di borsa in quanto si frappongono tra i due soggetti del trade in modo tale che nessuno di essi debba accollarsi il rischio d'insolvenza dell'altro.
Quindi, in caso di bilateral clearing:
- le parti stipulano un contratto quadro (master agreement) nel quale sono specificate tutte le condizioni del trade;
- al master agreement le parti allegano un credit support annex (CSA) nel quale indicano le garanzie (collateralization agreements) che una delle parti (ma talvolta lo scambio è reciproco) deve fornire all'altra, nonché la frequenza (giornaliera, settimanale, ecc.) della determinazione del loro valore. La circostanza che vede oggi i CSAs ed i collateralization agreements imporre il versamento di un margine iniziale e di un eventuale margine di variazione per tutti i contratti regolati in via bilaterale tra istituzioni finanziarie, allo scopo di ridurre il rischio di credito, costituisce una delle principali novità della finanza post 2008.
Viceversa, in caso di operatività condotta in presenza di controparti centralizzate:
- i soci delle CCPs (le grandi istituzioni finanziarie), non diversamente dai soci delle clearinghouses, provvedono a versare i margini iniziali e di variazione per ogni singolo contratto (oltre alla costituzione ed all' alimentazione di un fondo di garanzia);
- non appena le due parti del trade si accordano sugli aspetti di questo, provvedono a presentarlo ad una CCP. Se questa accetterà, si interporrà tra le parti;
- i soci della CCP devono versare a questa i margini iniziali. I trades saranno valutati quotidianamente ed i margini di variazione accreditati/addebitati contestualmente;
- nel caso in cui una o entrambe le parti del trade non dovessero essere soci di una CCP, dovrà/dovranno rivolgersi ad uno socio di una CCP per regolare i proprio rapporti OTC.
Ovviamente, il modello contemplante la presenza di una o più CCPs contribuisce alla riduzione del rischio sistemico associato all' operatività OTC. Il mondo reale risultà però essere una via di mezzo: non tutte le operazioni passano attraverso una CCP e non tutte sono regolate in via bilaterale, anche se i regolatori -dal 2008- in poi hanno mostrato una chiara preferenza per il primo sistema di regolazione anziché per il secondo..
Quanto fin qui detto potrebbe farci giungere alla conclusione che mai nessun'altra grande banca al mondo fallirà o che mai nessun'altra avrà bisogno di un salvataggio pubblico. Ce lo auguriamo, ma le cose non sempre vanno per il verso giusto nonostante l'esistenza di una regolamentazione più stringente rispetto a quella in vigore nel recente passato.
Quale potrebbe essere, dunque,la meccanica di uno schianto finanziario?
Provo, sommessamente, ad ipotizzarne una di seguito.
- La nota banca d'affari “Alfa” da qualche tempo ha registrato solo perdite d'esercizio: versa in condizioni di difficoltà.
- Il mercato nota la difficoltà: i prezzi dei bonds e delle azioni vanno giù quelli dei CDS vanno su.
- Alfa ha bisogno di rallentare e se possibile di arrestare il deflusso di clienti, creditori e controparti preoccupati per la sitauzione venutasi a creare, quindi, decide di intraprendere un cosiddetto rational gamble che finirà col peggiorare le condizioni di liquidità. Ad esempio, per salvaguardare la propria reputazione potrebbe decidere di coprire le perdite sofferte da alcuni suoi clienti a causa di alcuni investimenti da essa consigliati. In tal mondo, la banca comunicherebbe al mercato il seguente messaggio: “Vi state sbagliato, siamo rock solid: abbiamo persino pagato le perdite patite da alcuni clienti!”.
- Il mercato non si fida del tutto. Nel segmento OTC alcune controparti della banca cominciano a ridurre l'esposizione verso questa. Più nello specifico, strutturano dei trades che drenano liquidità dalla banca a loro vantaggio. Alfa ritiene di non dover rinunciare ad entrare in questo tipo di operazioni e che anzi sarebbe opportuno continuare ad offrire loro condizioni competitive perché in caso contrario segnalerebbe la propria debolezza al mercato.
- Nel frattempo, gli operatori esposti verso Alfa iniziano a bussare alle porte di altre dealer banks alle quali chiedono di porsi quali controparti nell' ambito dei trades in essere con Alfa, in modo tale da isolarsi dal rischio di default di questa (trasferito appunto alla dealer bank che dovesse accettare, in cambio di più o meno laute commissioni, di interporsi tra i richiedenti ed Alfa).
- Man mano che richieste del genere aumentano, le dealer banks iniziano ad insospettirsi ed a rifiutare di accolarsi il rischio di default di Alfa. Negli ambieti finanziari la notizia dei rifiuti inizia a circolare rapidamente.
- Come detto, Alfa è una grande banca, una di quelle realmente importanti, prova ne è il fatto che offre anche servizi di prime brokerage (infrastruttura tecnologica per la connessione ai mercati, reporting, leva ecc.) a numerosi hedge funds della cui liquidità e dei cui titoli è anche custode. Gli hedge funds, un po' preoccupati dai prezzi fatti segnare dalle azioni e dalle obbligazioni di Alfa, decidono di spostare i loro titoli ed i loro depositi presso prime brokers e custodi più capitalizzati e quindi teoricamente più sicuri.
- Nel frattempo, le possibilità un merger deal o di un aumento di capitale salvifico diminuiscono. Gli investitori, infatti, iniziano a chiedersi se la sottoscrizione di nuove azioni non servirà, alla fine dei conti, soltanto a salvare qualche creditore della banca. In aggiunta, la fuga dei prime-brokerage clients contribuisce a peggiorare il profilo della liquidità di Alfa.
- Anche se i creditori di breve termine continuano a detenere i titoli di Alfa quali collaterale contro il rischio di default, a questo punto, non avrebbero più buone ragioni per rinnovarle i prestiti. Potenzialmente, potrebbero finire nel caos post fallimento ed aspettare anni prima di recuperare qualcosa. Inoltre, anche se il collaterale che detengono presenta valori al netto dell' haircut, resta il rischio di non poterlo rivendere ad un prezzo tale da consetir loro un recupero totale del valore dei prestiti erogati ad Alfa. Quindi, molti creditori di breve non rinnoveranno i prestiti che, come spesso accade, hanno la forma di repos con regolamentazione ad un giorno. Alfa, su due piedi, deve trovare nuovi creditori o iniziare a vendere a mani basse (quindi a prezzi di saldo) i propri assets.
- La liquidità di Alfa è ai minimi termini. La tesoreria fatica a mantenere saldi positivi nelle partite di compensazione. In condizioni normali la banca usufruirebbe di maggior flessibilità negli scoperti specie ove fosse in grado di offrire collaterale in grado di compensare potenziali cash shortfall. Tuttavia, in questo caso le controparti operanti come CCP, decidono di non esguire più alcuna operazione con Alfa.
- Fine dei giochi: Alfa dichiara bancarotta.
Pezzo scritto ascoltando
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