domenica 15 aprile 2018

IL REGIME GIURIDICO DELL ICOs (Inital Coin Offerings) IN UE PT.4


Per la terza parte, clicca qui.
In aggiunta ai tre requisiti formali, affinché possa essere rilevata l’esistenza di uno strumento finanziario, il regime giuridico europeo impone il soddisfacimento di un quarto requisito sostanziale, ovvero, quello della comparabilità dell’ unità emessa con almeno uno degli archetipi contemplati, in via non esaustiva ma esemplificativa, nell’ambito dalla MIFID: azioni, obbligazioni, titoli di debito cartolarizzati, stock options, ecc. Quindi: affinché un tokenpossa essere considerato strumento finanziario dovrà soddisfare, in aggiunta ai tre requisiti formali di cui ai posts precedenti, anche il requisito sostanziale della comparabilità.Eccezion fatta per i security tokens, categoria allo stato attuale assoluta minoritaria tra quelli in circolazione, pressoché nessun tokens può essere ictu oculi equiparato né alle azioni, né alle obbligazioni, né alle stock options ragion per cui, al fine di valutare l’integrazione del requisito sostanziale, sarà necessario procedere attraverso due ulteriori steps:
  • verificare, per singolo token, la presenza di punti di contatto tra la loro struttura e quella propria di azioni, obbligazioni, ecc.;
  •   verificare se sia o meno soddisfatto il IV “Considerando” della MIFID, ovvero, se il singolo token ponga o meno questioni di natura regolamentare al pari degli strumenti finanziari.

Tali ulteriori verifiche si impongono alla luce della ratio legis concernente il prospetto finanziario. Questo, infatti, ha come obiettivo quello di ridurre l’asimmetria finanziaria esistente tra emittente e sottoscrittore; ne consegue, in osservanza del principio della substance over form, la necessità di accertarsi se da un punto vista funzionale i diritti associati alla detenzione del token possano o meno essere comparati a quelli connessi alla detenzione degli strumenti finanziari indicati nella MIFID. In tal senso, nel caso in cui un token attribuisse diritti di voto, fosse in grado di apprezzarsi in valore ed attribuisse il diritto a ricevere dividendi, sarebbe sicuramente qualificabile quale strumento finanziario. In definitiva: posto che coloro i quali comprino tokens lo fanno, tendenzialmente, perché si aspettano un qualche profitto anche in termini di mero apprezzamento del valore sul secondario, il token soddisferebbe il IV considerando di cui sopra e quindi avrebbe senso l’ applicazione della normativa concernete il prospetto alla luce delle funzioni proprie di questo in precedenza evidenziate.
Viceversa, gli utility tokens (come quello di Filecoin) attribuiscono agli holders il diritto di usare o consumare un certo prodotto creato dall’emittente e disponibile sulla blockchain. In altri termini, essi garantiscono una partecipazione al blockchain vehicle (la piattaforma di riferimento) il cui scopo non sarebbe quello di generare cash flow futuro bensì quello di garantire un uso funzionale del prodotto creato. In tal senso, gli utility tokens non sono propriamente comparabili alle azioni (e quindi difettano del requisito sostanziale) anche nel caso in cui attribuissero voting rights legati alle scelte inerenti allo sviluppo del prodotto medesimo (diritti di voto totalmente differenti rispetto a quelli propri delle azioni).

Tuttavia, gli utility potrebbero rientrare nelle “altre forme di securitized debt”.Secondo un’interpretazione letterale della norma inerente ai securitized debts, questa categoria non necessiterebbe di incorporare alcun diritto monetario a differenza di quanto accade in presenza delle obbligazioni; al contrario, ogni forma di obbligazione può essere un debito e nello specifico un securitized debt laddove espresso per il tramite di uno strumento trasferibile, standardizzato e negoziabile sul mercato dei capitali, proprio come i tokens. Anche nel caso in cui questi attribuissero all’ holderil mero diritto ad il prodotto creato dall’ emittente, a livello meramente formale potrebbero essere considerati securitized debt pur essendo oggi la totalità degli emittenti di avviso contrario. In tal senso questi potrebbero aver ragione posto che, se da una parte l’interpretazione letterale ci conduce con certezza pressoché assoluta ad ipotizzare l’esistenza di securitized debts, d’altro canto  l’analisi della ratio legis potrebbe condurci a conclusioni opposte in ragione del fatto che gli utiliy tokens potrebbero avere a che fare più  con i diritti del consumatore che con quelli, ma lo vedremo meglio in seguito, dell’ investitore. Infatti, la disciplina del “prospetto” non si addice molto all’ universo degli utility tokens puri bensì a quello dei rischi finanziari e nei primi, ad essere fondamentale (almeno da un punto di vista teorico) è l’uso o il consumo del prodotto creato dall’ emittente. Tuttavia, anche nel mondo degli utility tokens possono venirsi a creare asimmetrie informative tra emittente ed acquirente, talvolta legate alla funzionalità/consumo del prodotto e non proprio agli aspetti finanziari.
Da quanto detto sin qui, ne consegue che: a) potrebbe rivelarsi maggiormente utile affidare la disciplina degli utility tokens puri alla disciplina europea a tutela dei consumatori anziché a quella concernente gli strumenti finanziari; b) gli utility tokens potrebbero essere assoggettati alla disciplina europea in materia di strumenti finanziari solo qualora presentassero, in aggiunta alla componente legata al consumo/utilizzo del prodotto, una significativa componente di investimento (che analizzeremo nei prossimi posts).
Post scritto ascoltando 

venerdì 6 aprile 2018

IL REGIME GIURIDICO DELL ICOs (Inital Coin Offerings) IN UE PT.3


Per la seconda parte, clicca qui.
Come dicevamo nei due post precedenti, il quesito principale al quale occorre dare una risposta è se un token possa o meno essere considerato strumento finanziario. La risposta risulta essere di particolare importanza in quanto, se affermativa, implicherebbe la sicura applicazione della disciplina comunitaria in materia di prospetto e quella eventuale della MAR, della MIFID, della UCITS e dell’ EMIR.  In generale, la normativa UE fornisce tre criteri formali (trasferibilità, standardizzazione, negoziabilità sul mercato dei capitali) ed uno sostanziale (la comparabilità dello strumento con una lista di esempi tra i quali sono annoverati azioni ed obbligazioni) al fine di rilevare la presenza di uno strumento finanziario. Attenzione: non é invece necessaria l’esistenza di un documento di registrazione o di un certificato per poter attestare l’esistenza di uno strumento finanziario.
Tuttavia, posta l’esistenza del requisito sostanziale della comparabilità, è possibile sin da ora escludere, per il quesito di cui sopra, la proponibilità di una risposta valida per ogni circostanza ove bastata sui soli requisiti formali; viceversa, la riconducibilità del token all’ archetipo di strumento finanziario delineato dal regolatore europeo dipenderà dalle caratteristiche proprie di questo, caso per caso.
Analizziamo adesso il primo requisito formale, quello della trasferibilità. Secondo il regolatore europeo, un’ unità finanziaria può definirsi trasferibile se assegnabile, se attribuibile a qualsiasi altro soggetto indipendentemente dall’ esistenza di un documento di registrazione o di un certificato. Poiché i tokens possono essere venduti sul secondario, possiamo concludere che essi siano per la quasi totalità trasferibili ed affermare che eventuali clausole di lock-up non incidano minimamente sulla sussistenza della feature predetta. Viceversa, la presenza di restrizioni tecniche al trasferimento della proprietà del token, con conseguente creazione di un legame duraturo tra il singolo proprietario del token ed i diritti derivanti dalla disponibilità di questo, permetterebbe di escludere alla radice l’esistenza del requisito. Un caso noto in tal senso è quello del token EOS: «[EOS] “will become fixed (non-transferable) on the Ethereum blockchain within 23 hours after the end of the final EOS Token distribution period which will occur on June 1, 2018».
Parliamo adesso del secondo requisito formale, quello della negoziabilità. Mentre la trasferibilità attiene alla mero passaggio della proprietà dello strumento finanziario, la negoziabilità attiene alla semplicità con cui detto passaggio possa avvenire. Quindi, la negoziabilità presuppone la trasferibilità. Nel regime giuridico europeo, nel caso in cui uno strumento finanziario dovesse essere negoziato su di un mercato regolamentato o MTF, si potrebbe affermare con certezza che lo stesso sia trasferibile. I tokens non sono scambiati, ancora, su mercati regolamentati bensì su exchanges. Tuttavia, a noi non interessa neanche sapere se un exchange sia o meno qualificabile come MTF ex MIFID in ragione del fatto che, secondo la Commissione Europea, anche gli strumenti inidonei ad essere tradati su regolamentati o MTF potrebbero essere astrattamente qualificabili come negoziabile. Quello che a noi, viceversa, interessa sapere è se il singolo token sia o meno facilmente negoziabile sui mercato dei capitali. La circostanza che vede la quasi totalità dei tokens facilmente scambiabile (anche solo potenzialmente) sugli exchanges è chiaro indice di negoziabilità.
Credits to Vistorovschi Victor
Analizziamo adesso il terzo requisito formale, quello della standardizzazione. Senza standardizzazione non c’è strumento finanziario e se non c’è strumento finanziario non si applicano tutte le normative di cui sopra e di cui ai post precedenti. Gli strumenti finanziari trasferibili sono classi di strumenti dotati di alcune caratteristiche ben determinate; in altri termini, affinché sussista la standardizzazione, le unità emesse debbono possedere qualità comuni cosicché possa essere sufficiente far riferimento al tipo ed al numero di unità emesse per poterle negoziare. Qui potrebbe sorgere qualche problemino posto che ogni token può avere caratteristiche diverse dagli altri; tuttavia, poiché la MIFID nulla dice sul livello astratto della strandardizzazione minima, è sufficiente che i tokens siano fungibili (e dunque abbiano le stesse caratteristiche) nell’ambito di una stessa emissione predisposta da uno stesso emittente e legata ad un dato round di raccolta fondi. Tra l’altro, è proprio in presenza della standardizzazione che assume valore l’obbligo di redazione del prospetto perché in questo, teoricamente, possono essere convogliate tutte le informazioni necessarie a ridurre l’asimmetria informativa tra emittente ed investitore. La recente ICO wave ci ha inoltre fornito un duplice dato: da una parte, la presenza di numerosi emittenti tokens eteregonei; dall’ altra, la presenza di speculatori (presunti investitori) particolarmente attratti da questa eterogeneità. A sua volta, quanto più elevata risulti essere l’ eterogeneità dei tokens tanto maggiore sarebbe la necessità di ridurre l’asimmetria informativa per gli investitori convogliando, ex lege, tutte le informazioni rilevanti nel prospetto. In altri termini: qualora la standardizzazione dovesse essere elevata la predisposizione del prospetto sarebbe particolarmente utile; viceversa, in caso di elevata eterogeneità la predisposizione del prospetto sarebbe particolarmente necessaria.
Al fine di rilevare il requisito della standardizzazione è dunque sufficiente che questa esista a livello di singola emissione e non anche tra tokens negoziati sulla stessa o su diverse piattaforme. Parimenti, la presenza dei tokens su exchanges relativamente liquidi (non tutti i volumi che vediamo sono infatti reali a causa di un diffusissimo wash trading) garantisce la sussistenza del requisito della negoziabilità e dunque della trasferibilità.
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