martedì 10 ottobre 2017

IL POLLAME DELLE ICOs PT.4

Per la terza parte, clicca qui
Anche la metrica del P/E ratio per come adattata da Chris Burniske al Bitcoin ed alle cryptovalute in genere risulta essere inutilizzabilevista l'assenza pressoché totale di transazioni aventi ad oggetto i tokens appena emessi.
Nel caso in cui il token dovesse essere considerato valuta e non un surrogato di quote azionarie diverse sarebbero le ipotesi prospettabili:
   qualora la valuta fosse stabile potrebbe rappresentare il tipico asset di storage value. Stabilità significa anche bassa volatilità ma attualmente il mondo dellecripto è il regno della volatilità;
  qualora l'operatore razionale ritenesse probabile un futuro apprezzamento del token quale currency eviterebbe, verosimilmente, di spenderlo oggi per acquistare una quantità maggiore del servizio offerto dalla piattaforma in futuro e viceversa nel caso in cui dovesse attendersi un suo futuro deprezzamento;
   al fine di stimare il valore dei tokens intesi quale strumento volto a garantire l'incontro tra domanda ed offerta de servizio offerto dalla start-up si potrebbe utilizzare la nota formuletta secondo cui questo dovrebbe essere pari a T/MV,  identità che rimanda ai quesiti di cui sopra circa l' eventualità che l'azienda riesca a conquistare una qualche quota del mercato di riferimento e quindi circa la capacità di attrarre domanda, quindi di generare ricavi, il che riproporrebbe tal quali i problemi inerenti la metodologia di stima.
Il token potrebbe essere inteso anche quale mezzo tramite il quale realizzare in futuro la condivisione dei profitti conseguiti dall' azienda. Ancora una volta: come stimiamo i profitti?
Ipotizziamo pure che l'azienda riesca a fare qualche profitto: i fondatori potrebbero prelevarne una quota e destinare ai detentori dei tokens qualche briciola oppure potrebbero investire tutto nell'azienda, il che contribuirebbe a far crescere il valore di questa ma non dei tokens (almeno non immediatamente). Poiché, in media, nessuno sa un cazzo -in sede di ICO- sulle prospettive reddituali (e delle transazioni) dell'azienda il pollo di turno, versando in una condizione d'incertezza ma di forte euforia, potrebbe essere portato a sovrastimarle più che compensando l'avvenuto sconto dell' incertezza in termini di ampiezza del prezzo disposto a pagare per il token. 

Il token potrebbe anche essere strumento di voting control. Tuttavia, separare il meccanismo di voto da ogni forma di profit sharing potrebbe essere rischioso. Infatti, i votanti potrebbero esercitare il diritto esclusivamente al fine di massimizzare i loro interessi ad esempio deliberando un aumento del livello delle commissioni loro corrisposte oppure optando per un protocollo di loro interesse anche nel caso in cui dette scelte dovessero risultare, sul lungo termine, dannose per la piattaforma di riferimento. Inoltre, un qualsiasi concorrente potrebbe acquistare i tokens aventi diritto di voto ed esercitarlo al solo fine di indebolire il competitor.
La detenzione del token potrebbe richiedere anche l’esecuzione di task da parte dell’ investitore persone fisica (proof of stake), come ad esempio validare l’esito di un match on line, partecipare ad un processo predittivo basato sulla wisdom of the crowd, facilitare l’accesso di altri users al mercato ecc., in cambio di qualche fee proporzionata all’ entità del lavoro svolto ed alla dimensione della posizione assunta sul mercato. In altri termini, in sede di ICO, l’investitore di fatto paga -acquistando i tokens- per poter contribuire a tenere in vita la piattaforma il che implica, a parità di altre condizioni, che il valore del token dovrebbe essere pari al valore presente delle commissioni future al netto del costo per il contributo fattivo offerto dall’investitore per garantire il corretto funzionamento della piattaforma stessa. I servizi offerti alla comunità dall’investitore saranno erogati solo quando il servizio prodotto dalla start-up sarà operativo o in sede di costruzione della piattaforma  ma il valore attuale dei costi connessi al pagamento delle fees per il supporto operativo degli holders è comunque dedotto in sede di ICO (e se non lo è stai pagando un sovrapprezzo da pollo): un po’ come se la start-up decidesse di pagare con qualche anno di anticipo le bollette dell’energia elettrica anziché utilizzare quanto ricavato dalla raccolta per accelerare i tempi di costruzione della piattaforma.

Pezzo scritto ascoltando

giovedì 5 ottobre 2017

IL POLLAME DELLE ICOs PT.3

Per la seconda parte, clicca qui.

Quindi, caro investitore, hai acquistato dei tokens che servono a poter fruire del servizio offerto dalla società che hai finanziato tramite l' ICO; tu speri che i tokens possano valere qualcosa nel futuro prossimo e quindi ritieni che il volume di transazioni crescerà. Crescerà di quanto? Se fossi un azionista, poste le difficoltà nell' utilizzare il discounted cash flow model, potresti utilizzare il sistema dei multipli e dei comparabili. Tuttavia, vista l' assoluta novità dei servizi offerti, ti ritroveresti a non poter prendere in considerazione né il livello di profitti, né di ricavi, né il book value, né il P/E ratio, né l' EBITDA di aziende simili a quella in cui hai investito perché molto probabilmente non ne esistono o ammesso che esistano saranno, con ogni probabilità, neonate. Come stimerai dunque il livello di transazioni che auspicabilmente verranno eseguite tramite il token da te acquistato? Come stimerai il livello di rischio associato al tuo acquisto? Se fossi un azionista, con riguardo all'ultimo quesito, ma non nel caso di specie trattandosi di azienda senza storia, potresti prendere in considerazione il beta del titolo o la deviazione standard di ricavi e profitti. Tra l'altro, non puoi neanche utilizzare le stesse metriche in relazione al tokenil quale, essendo acquistato in ICO, non offre alcun dato di mercato. Ragionevolmente, potresti ritenere che al crescere delle probabilità di sopravvivenza della start-up il valore dei tuoi tokens cresca ma come trasformare detta ipotesi in un modello di valutazione?

mercoledì 4 ottobre 2017

IL POLLAME DELLE ICOs PT.2

Per la prima parte, clicca  qui.
Al fine di valutare la rischiosità del tuo investimento nonché il tasso di sconto del cash flow futuro dell' azienda dovresti conoscere i prezzi di mercato dei titoli di capitale e debito della stessa. In altri termini, dovresti costruirti il ß (Beta) del titolo ed ipotizzare il costo del debito in relazione ai prezzi dei bonds. Sicuramente, caro investitore, conosci questa formuletta:


Rè il tasso di rendimento del titolo;
RMè il tasso di rendimento del portafoglio di mercato;
α e β sono due costanti;
εè una variabile causale rappresentate l'errore di regressione.
L'equazione di cui sopra mostra come la rischiosità del titolo sia determinata da due fattori:
  • βRM, rappresentate il rischio sistematico, proporzionale al tasso di rendimento del portafoglio di mercato;
  • ε, rappresentante il rischio non sistematico, non proporzionale al tasso di rendimento del portafoglio di mercato.
La teoria ci insegna che, se le ε dei vari titoli fossero indipendenti le une delle altre, il rischio non sistematico di un portafoglio ben diversificato si annullerebbe quasi del tutto, ragion per cui gli investitori non dovrebbero chiedere un premio per questo tipo di rischio; viceversa, la componente di rischio sistematicoβRM, anche in presenza di un portafoglio ben diversificato non scomparirebbe del tutto, ragion per cui gli investitori -il cui insieme degli investimenti si presume essere ben diversificato- dovrebbero chiedere un premio per l'assunzione di tale rischio. Niente di nuovo o di speciale: è la base del Capital Asset Pricing Model che si studia al primo anno di università. Qui nascono i primi problemi: la start-up che ti appresti a finanziare non ha titoli quotati sui mercati finanziari il che vuol dire che non potrai calcolare il Beta né inferire il costo del capitale dal tasso d'interesse di mercato sul debito. In aggiunta, il capitale dell'azienda è totalmente detenuto dai fondatori (i quali molto probabilmente avranno investito tutti i loro averi nel progetto risultando non diversificati) e da qualche venture funds (in parte diversificati): questo significa che i predetti non saranno molto d'accordo nel ritenere meritevole di remunerazione il solo rischio non diversificabile, βRM, ma chiedereanno anche la remunerazione di alcuni dei rischi specifici dell'azienda.
Inoltre, caro investitore, sicuramente saprai che la determinazione del cosiddetto valore terminale (terminal value) risulta fondamentale nella processo di valutazione della start-up che ti appresti a finanziare. Per determinare il valore terminale dovrai pertanto provare a rispondere ai seguenti tre quesiti:
  1. Riuscirà l'azienda ad avere una crescita stabile? La risposta a tale quesito presuppone che tu sia in grado di stimarne, preliminarmente, le probabilità di sopravvivenza nei primi due-tre anni (e in media non sarai in grado di farlo). 
  2. Quando l' azienda raggiungerà una crescita stabile? La risposta a tale quesito presuppone che tu sia in grado di stimare, preliminarmente, l'impatto della concorrenza sul processo di crescita (e in media non sarai in grado di farlo). 
  3. Quali sembianze assumerà l'azienda una volta raggiunto un livello di crescita stabile? La risposta a tale quesito presuppone che tu sia in grado (e in media non sarai in grado di farlo) di effettuare stime realistiche sul rischio legato all'investimento e sulla sua capacità di generare excess returns nel periodo di crescita stabile il che presuppone, a sua volta, che tu disponga di uno storico dei dati, che non hai perché si tratta di una strat-up, sugli excess returns generati dall' entità finanziata. 

martedì 3 ottobre 2017

IL POLLAME DELLE ICOs PT.1

Da qualche mese a questa parte le ICOs fanno più notizia delle IPOs. Ti connetti ad internet e leggi di guru che ti garantiscono rendimenti a 3-4 cifre nel giro di qualche mese. Ti mettono i grafici con gli immancabili livelli di zio Fibonacci, ti spiegano perché siano l' affare del momento, ti illustrano le ragioni in base alle quali ritengono trattarsi di un ottimo progetto imprenditoriale e ti consigliano quali locali frequentare in veste di nuovo milionario. Dicono sia tutto molto semplice: c'è un ICO, compri i tokens, aspetti il pump e vendi. Se sei fortunato puoi compare una cripto come Monaco la quale ha fatto segnare, di recente, un gain del 695% annunciando un deal con VISA mai avvenuto: tutto molto bello, no? Qualche skill informatica di base, un po' di analisi tecnica e si parte alla conquista della copertina di Forbes.
Immaginiamo che l' ICO d'interesse non sia geneticamente una scam: immaginiamo cioé che i tokens siano pre-minati in quantità definita, certa ed immutabile (o meglio ancora siano liberamente minabili negli stessi termini e con gli stessi limiti), che il team degli sviluppatori se ne riservi una quota piccolissima o del tutto pari a zero, che sia obbligatorio utilizzarli in via esclusiva (ribadisco, in via esclusiva) per usufruire del servizio prodottto dall'azienda, dalla crew o a quello che vi pare che li abbia emessi e che quindi il valore del token cresca al crescere della domanda del bene o del servizio offerto dall' entità finanziata.
Tuttto nice, easy, smart come dicono quelli che ce l'hanno calda perché escono dalla Bocc**i.
Il passo successivo, cessata l'erezione finanziaria causata dalle sensuali parole dei vai guru e peracottari italiani, sempre pronti a venderti qualcosa per il tuo bene, per il tuo wellness finanziario -come dicono quelli che si quotano in Borsa vendendo a te, povero morto di fame, povero morto di fame, povero morto di fame, i segreti grazie ai quali loro non sono riusciti a far nulla nella vita tanto da pensare di venderli a te, povero morto di fame per poter loro sì diventare ricchi- consiste nel domandarsi: che cazzo sto comprando?
Questa domanda fa panicare, mediamente, il 99,99% dei commentatori italiani avvezzi a modellare il mondo esclusivamente con un paio di medie mobili, 4 supporti, 2 resistenze, un paio di bande di Bollinger, gli immancabili livelli di zio Fibonacci e l' aria fritta di contorno.

Quindi, egregio investitore, che cazzo stai comprando? Cosa finanzi con i soldini messi nell' ICO? Quanto potranno valere quei tokens che tanto gelosamente custodisci? La start-up che hai finanziato esiste, dispone di qualche asset o gli sviluppatori sono già scappati con la cassa e tu ancora non lo sai perché non conosci l' inglese e non sai usare Reddit?
Molto probabilmente tu, egregio lettore, conosci già le risposte da dare a tutti i quesiti di cui sopra; personalmente, le ignoro ragion per cui avverto la necessità di provare a buttare giù qualche pensiero eretico ma finanziariamente poco erotico.
Quando partecipi ad un' ICO, in genere, finanzi:
  • una start-up priva di un prodotto compiuto, i cui unici due assets sono l'idea imprenditoriale di base e le supposte abilità informatiche degli sviluppatori;
  • una start-up che ha già un prodotto pronto ma da migliorare ulteriormente, magari già commercializzato a livello embrionale ma con un muro del pianto da mostrare nella voce ricavi e profitti.
In altri termini (e la cosa penso sia abbastanza ovvia) stai finanziando un'azienda:
  • senza storia, della quale non conosci alcun dato finanziario ed economico semplicemente perché non ne ha;
  • con ricavi assenti (o molto limtiati) e comunque in perdita;
  • totalmente dipendente dal private equity, il quale inizialmente coincide con quello dei fondatori (e delle loro famiglie) ed in seguito con quello che tu trasferisci loro tramite ICO assumendoti il rischio proprio di Venture Capitalist senza tuttavia divenirne azionista (con tutto quello che ne consegue a livello giuridico);
  • che, visto il tasso di sopravvivenza medio delle start-up, molto probabilmente non sopravviverà, evenienza questa che ti garantirà la possibilità di detenere simpatici tokens il cui valore esatto sarà pari a 0,00 €, $, lire, pounds;
  • che potrebbe decidere, in futuro, di lanciare un nuovo round di finaziamenti emettendo nuovi tokens i quali andrebbero a diluire il valore di quelli da te comprati in precedenza.
Quindi,illiquidità a parte (ma anche qui ci sarebbe da obiettare qualcosa, specie nei casi di listing multiplo a fronte di un numero di tokens complessivamente inadeguato a garantire l' assenza di frizioni operative) sei esposto a tutti i rischi propri dei capitalisti di ventura: non male se rappresenti l'investitore medio italiano che stenta a distinguere un' azione da un'obbligazione e che non può, viste le esigue risorse di cui mediamente dispone, raggiungere il livello di diversificazione di portafoglio tipico dei grandi fondi.
Premesso che, a mio parere, probabilmente zero tra le centinaia di progetti finanziati a mezzo ICO riusciranno ad avere successo, sarebbe sempre opportuno domandarsi: quanto cazzo potrà mai valere in futuro questo token? Anche in questo caso i guru italiani hanno la risposta pronta: aspettano il primo pump e dump, piazzano le estensioni di Fibonacci e ti svelano l'arcano. Altri, sulla scia di Gann, ti leggono l'oroscopo e ti diranno anche il giorno preciso in cui il tuo token raggiungerà quel dato valore, fatti salvi eventuali ritardi causati dalle tempeste solari o dallo sciopero dei reparti psichiatrici attivi presso i più comuni nosocomi.
Per poter rispondere con serietà alla domanda inerente al valore sarebbe necessario individuare gli assets della start-up al fine di provare a valutarli, quindi, reperire qualche documento contabile strumentale alla stima del cash flow che questi potrebbero generare in futuro. Tuttavia, qui nascono i primi problemi.
  1. Sino a poche settimane fa, le ICOs rappresentavano ovunque terra di nessuno in quanto totalmente prive di regolamentazione. Allo stato attuale, negli USA sono state assoggettate alla disciplina federale sugli strumenti finanziari, in Cina ed in Corea del Sud sono state dichiarate totalmente illegali mentre tutte quelle tenutesi sino ad ora, in tutto il mondo, non sono state soggette ad alcuna normativa. Zero leggi = zero obblighi per i venditori di tokens e zero diritti per i compratori. In particolare, a differenza di quanto accade normalmente con le IPOs nessun promotore, nessuna start-up ha mai reso disposinibile-almeno sino ad oggi- alcun documento contabile né in sede di prevendita né successivamente, limitandosi a pubblicare qualche white paper per la cui interpretazione è solitamente necessario disporre di un dottorato in ingegneria informatica.
  2. L'assenza di documenti contabili potrebbe, teoricamente, anche essere del tutto normale: una start-up potrebbe infatti constare di soli due assets: l' idea imprenditoriale; una manciata di sviluppatori. La carenza di assets, per quanto comprensibile, pone però l'investitore dinanzi ad un grosso dilemma in quanto menoma fortemente il suo tentativo di valutazione del progetto imprenditoriale e quindi di determinazione del fair price del token oggetto di vendita. Come fa un progetto a generare valore futuro senza alcun assets aggiuntivo rispetto ai due predetti? Tra l'altro, anche se gli assets aggiuntivi venissero acquistati con i soldi raccolti tramite ICO, l'investitore si troverebbe in una posizione poco invidiabile in quanto sarebbe chiamato ad eseguire la valutazione avendovi già partecipato al buio, potendo così farsi un'idea circa la giustezza del prezzo solo dopo averlo pagato.
  3. L'assenza di assets e/o di documenti contabili impedisce quindi di conoscere, in sede di pre-ICO, la reddività attuale e di stimare quella futura degli stessi, impedisce di capire come questa performerebbe in caso di condizioni economiche avverse, impedisce di sapere cosa potrebbe accadere in caso di mutamento del pricing dei servizi offerti a fronte del crescere della concorrenza potenziale.
  4. Anche qualora nuovi assets venissero acquisti con il cash dell' ICO, l'investitore si troverebbe a dover scindere il contributo offerto dagli stessi alla crescita futura della start-up rispetto a quello offerto alla generazione attuale di ricavi (o di transazioni), il che costituisce una differenza non meramente accademica ma di grande importanza nei processi valutativi delle aziende senza storia. Come potrà l'investitore ottenere tali dati? A quale normativa dovranno far riferimento i progetti finanziati? Quale autorità potrà mai obbligare le start-up alla disclosure dei dati finanziari ed economici? Bhoooo.
Quindi, ricapitolando:
  • L'assenza di ricavi passati e/o l'assenza di documenti contabili ti impedirà, caro novello Gordon Gekko, di utilizzare questo dato per stimare la crescita futura dei ricavi della start-up che stai finanziando (dunque il suo valore attuale, dunque il fair price dei tokens) ed anche se questa disponesse dei dati citati non sarebbe, al momento, tenuta a dirti alcunché perché siamo in nobody's land.
  • Per saggiare la qualità della crescita futura sarebbe necessario comparare il rendimento del capitale investito con il relativo costo. Il costo del capitale raccolto tramite ICO è pari a zero, non potendo tu vantare il diritto ad alcuna cedola né alcun diritto su alcuna quota di capitale né su alcun cespite dell' azienda. Tuttavia, la start-up potrebbe non aver mai effettuato alcun tipo d'investimento prima dell' ICO, quindi i dati sugli investimenti potrebbero essere assenti o poco significativi fermo restando che i rendimenti sul capitale tendono ad essere, almeno nei primi anni, negativi.

domenica 1 ottobre 2017

COME FALLISCE UNA BANCA SISTEMICA?

Cari amici, nell' insight del blog ho rilevato alcuni accessi connessi all' uso della chiave di ricerca di cui al titolo, ragion per cui ho pensato di scrivere un piccolo post che, lungi dall'essere esaustivo, si propone di fornire alcuni spunti di riflessione sulle fasi del processo conducente al collasso di una banca avente rilevanza sistemica.
Quando parlo di banca sistemica intendo riferrmi alle grandi banche d'affari, alle cosiddette dealer banks. Cos'è una dealer bank? E' una banca che, tra le tante attività svolte, si pone quale controparte in migliaia di operazioni condotte da hedge funds, da altre banche, da grandi investitori individuali, da aziende, ecc., aventi ad oggetto la compravendita dei più svariati strumenti finanziari, derivati e non, siano essi negoziati sui mercati regolamentati o scambiati OTC.
In tal senso è necessario fare una premessa. Astrattamente, il maggior rischio sistemico risulta connesso agli strumenti negoziati OTC; tuttavia, molte cose sono cambiate dall' ultima crisi finanziaria ad oggi. I rapporti OTC  possono essere regolati bilateralmente o tramite controparti centralizzate (CCPs -central couterparties). Nel primo caso (compensazione bilaterale), le due parti si accordano -preventivamente- su ogni singolo aspetto del trade; le CCPs, invece, sono simili alle clearinghouses di borsa in quanto si frappongono tra i due soggetti del trade in modo tale che nessuno di essi debba accollarsi il rischio d'insolvenza dell'altro.
Quindi, in caso di bilateral clearing:
  • le parti stipulano un contratto quadro (master agreement) nel quale sono specificate tutte le condizioni del trade;
  • al master agreement le parti allegano un credit support annex (CSA) nel quale indicano le garanzie (collateralization agreements) che una delle parti (ma talvolta lo scambio è reciproco) deve fornire all'altra, nonché la frequenza (giornaliera, settimanale, ecc.) della determinazione del loro valore. La circostanza che vede oggi i CSAs ed i collateralization agreements imporre il versamento di un margine iniziale e di un eventuale margine di variazione per tutti i contratti regolati in via bilaterale tra istituzioni finanziarie, allo scopo di ridurre il rischio di credito, costituisce una delle principali novità della finanza post 2008.
Viceversa, in caso di operatività condotta in presenza di controparti centralizzate:
  • i soci delle CCPs (le grandi istituzioni finanziarie), non diversamente dai soci delle clearinghouses, provvedono a versare i margini iniziali e di variazione per ogni singolo contratto (oltre alla costituzione ed all' alimentazione di un fondo di garanzia);
  • non appena le due parti del trade si accordano sugli aspetti di questo, provvedono a presentarlo ad una CCP. Se questa accetterà, si interporrà tra le parti;
  • i soci della CCP devono versare a questa i margini iniziali. I trades saranno valutati quotidianamente ed i margini di variazione accreditati/addebitati contestualmente;
  • nel caso in cui una o entrambe le parti del trade non dovessero essere soci di una CCP, dovrà/dovranno rivolgersi ad uno socio di una CCP per regolare i proprio rapporti OTC.
Ovviamente, il modello contemplante la presenza di una o più CCPs contribuisce alla riduzione del rischio sistemico associato all' operatività OTC. Il mondo reale risultà però essere una via di mezzo: non tutte le operazioni passano attraverso una CCP e non tutte sono regolate in via bilaterale, anche se i regolatori -dal 2008- in poi hanno mostrato una chiara preferenza per il primo sistema di regolazione anziché per il secondo..
Quanto fin qui detto potrebbe farci giungere alla conclusione che mai nessun'altra grande banca al mondo fallirà o che mai nessun'altra avrà bisogno di un salvataggio pubblico. Ce lo auguriamo, ma le cose non sempre vanno per il verso giusto nonostante l'esistenza di una regolamentazione più stringente rispetto a quella in vigore nel recente passato.
Quale potrebbe essere, dunque,la meccanica di uno schianto finanziario?
Provo, sommessamente, ad ipotizzarne una di seguito.

  1. La nota banca d'affari “Alfa” da qualche tempo ha registrato solo perdite d'esercizio: versa in condizioni di difficoltà.
  2. Il mercato nota la difficoltà: i prezzi dei bonds e delle azioni vanno giù quelli dei CDS vanno su.
  3. Alfa ha bisogno di rallentare e se possibile di arrestare il deflusso di clienti, creditori e controparti preoccupati per la sitauzione venutasi a creare, quindi, decide di intraprendere un cosiddetto rational gamble che finirà col peggiorare le condizioni di liquidità. Ad esempio, per salvaguardare la propria reputazione potrebbe decidere di coprire le perdite sofferte da alcuni suoi clienti a causa di alcuni investimenti da essa consigliati. In tal mondo, la banca comunicherebbe al mercato il seguente messaggio: “Vi state sbagliato, siamo rock solid: abbiamo persino pagato le perdite patite da alcuni clienti!”.
  4. Il mercato non si fida del tutto. Nel segmento OTC alcune controparti della banca cominciano a ridurre l'esposizione verso questa. Più nello specifico, strutturano dei trades che drenano liquidità dalla banca a loro vantaggio. Alfa ritiene di non dover rinunciare ad entrare in questo tipo di operazioni e che anzi sarebbe opportuno continuare ad offrire loro condizioni competitive perché in caso contrario segnalerebbe la propria debolezza al mercato.
  5. Nel frattempo, gli operatori esposti verso Alfa iniziano a bussare alle porte di altre dealer banks alle quali chiedono di porsi quali controparti nell' ambito dei trades in essere con Alfa, in modo tale da isolarsi dal rischio di default di questa (trasferito appunto alla dealer bank che dovesse accettare, in cambio di più o meno laute commissioni, di interporsi tra i richiedenti ed Alfa).
  6. Man mano che richieste del genere aumentano, le dealer banks iniziano ad insospettirsi ed a rifiutare di accolarsi il rischio di default di Alfa. Negli ambieti finanziari la notizia dei rifiuti inizia a circolare rapidamente.
  7. Come detto, Alfa è una grande banca, una di quelle realmente importanti, prova ne è il fatto che offre anche servizi di prime brokerage (infrastruttura tecnologica per la connessione ai mercati, reporting, leva ecc.) a numerosi hedge funds della cui liquidità e dei cui titoli è anche custode. Gli hedge funds, un po' preoccupati dai prezzi fatti segnare dalle azioni e dalle obbligazioni di Alfa, decidono di spostare i loro titoli ed i loro depositi presso prime brokers e custodi più capitalizzati e quindi teoricamente più sicuri.
  8. Nel frattempo, le possibilità un merger deal o di un aumento di capitale salvifico diminuiscono. Gli investitori, infatti, iniziano a chiedersi se la sottoscrizione di nuove azioni non servirà, alla fine dei conti, soltanto a salvare qualche creditore della banca. In aggiunta, la fuga dei prime-brokerage clients contribuisce a peggiorare il profilo della liquidità di Alfa.
  9. Anche se i creditori di breve termine continuano a detenere i titoli di Alfa quali collaterale contro il rischio di default, a questo punto, non avrebbero più buone ragioni per rinnovarle i prestiti. Potenzialmente, potrebbero finire nel caos post fallimento ed aspettare anni prima di recuperare qualcosa. Inoltre, anche se il collaterale che detengono presenta valori al netto dell' haircut, resta il rischio di non poterlo rivendere ad un prezzo tale da consetir loro un recupero totale del valore dei prestiti erogati ad Alfa. Quindi, molti creditori di breve non rinnoveranno i prestiti che, come spesso accade, hanno la forma di repos con regolamentazione ad un giorno. Alfa, su due piedi, deve trovare nuovi creditori o iniziare a vendere a mani basse (quindi a prezzi di saldo) i propri assets.
  10. La liquidità di Alfa è ai minimi termini. La tesoreria fatica a mantenere saldi positivi nelle partite di compensazione. In condizioni normali la banca usufruirebbe di maggior flessibilità negli scoperti specie ove fosse in grado di offrire collaterale in grado di compensare potenziali cash shortfall. Tuttavia, in questo caso le controparti operanti come CCP, decidono di non esguire più alcuna operazione con Alfa.
  11. Fine dei giochi: Alfa dichiara bancarotta.  
Pezzo scritto ascoltando