Apple è una storia di successo americana, è
la storia di una società di ingegneri e progettisti che
hanno
guadagnano negli anni, con fortune commerciali alterne, 1
un’ ottima reputazione per la loro creatività e capacità
innovativa. Ciò che non può essere così bene
noto è che Apple goda anche di un sistema atto a consentire
vastissimi risparmi fiscali, altamente sviluppato: un sistema
attraverso il quale ha accumulato più
di $ 100 miliardi di dollari di liquidità offshore presso i paradisi
fiscali. La vendita offshore di diritti riguardanti la proprietà
intellettuale, i brevetti ad altissimo valore aggiunto, unitamente ai
profitti da essi generati, hanno rappresentano e rappresentano
tutt’ora il fulcro della strategia fiscale della multinazionale.
Sempre più frequentemente, le opere dell’ingegno si dimostrano
essere la principale fonte di valore nell'economia globale,
risultando anche molto mobile ragion per cui, differentemente dai
beni tangibili, il suo valore può essere trasferito in tutto il
mondo con un numero relativamente ridotto di passaggi caratteristica
questa, che ha fatto sì che il genio immateriale creatore della
proprietà intellettuale, alimentato e sviluppato negli Stati Uniti,
nascondesse una dark-side, popolata di schemi societari volti
a garantire il trasferimento attuale e potenziale dei
profitti consequenziali, in giurisdizioni offshore. Il sistema di
pianificazione fiscale aggressiva attuato da Apple si articola in due
parti: in primo luogo, viene eseguito uno spostamento delle stesse
potenzialità di produrre profitti tramite le sue opere dell’ingegno
verso un paradiso fiscale offshore, indirizzandovi quindi il reddito
derivato. Successivamente, vengono utilizzate una serie di tattiche
per garantire che, una volta trasferito materialmente, detto reddito
offshore resti schermato al fisco USA nonostante le disposizioni
della legislazione fiscale volte a “catturarlo” in quanto
tassabile. Alcune delle tecniche di Apple sono quelle
tradizionalmente attuate nell’elusione fiscale internazionale dalle
imprese che fanno degli intangibles il loro punto di forza aziendale:
si pensi ad esempio all'uso dei Cost Sharing Agreement, tra la
capogruppo e le sue controllate offshore, nonché all’utilizzo dei
cosiddetti regolamenti "Check-the-box”, di cui sopra;
altre, viceversa, sono connotate da un carattere di unicità. Apple
sembra infatti aver cercato il Santo Graal dell’elusione fiscale,
tramite il set-up di società offshore che, sostiene la
multinazionale, risultano residenti in ciascuna nazione di
riferimento per il mercato operativo ma non a fini fiscali,
producendo quello che alcuni studiosi hanno definito il “reddito
senza stato”2.
Apple Inc. ha creato tre società offshore, deputate alla ricezione
di decine di miliardi di dollari di reddito, ma che non hanno
residenza fiscale né in Irlanda, dove sono state formalmente
costituite, né negli Stati Uniti, dove operano i dirigenti di Apple
che le gestiscono. La multinazionale ha organizzato la struttura
societaria in modo tale da poter affermare che queste gosth
companies, ai fini fiscali, non esistano da nessuna parte. Una di
esse non ha pagato alcuna imposta sul reddito delle società in
nessuno stato, negli ultimi cinque anni; un’ altra ha pagato tasse
in Irlanda per un equivalente di un decimale di punto percentuale del
suo reddito complessivo. La prima di queste società fantasma è AOI,
Apple Operations International il cui unico proprietario è
Apple. AOI (una società irlandese senza impiegati e non operativa) a
sua volta, controlla direttamente ed indirettamente quasi tutte le
entità offshore di Apple. Secondo la legge irlandese, solo le
società gestite e controllate in Irlanda sono considerabili
fiscalmente residenti. Apple, da canto suo, ha sempre evidenziato la
circostanza in base alla quale, AOI sia sì costituita in Irlanda, ma
non sia ivi gestita e controllata e quindi non risultino integrati i
presupposti per considerarla residente nel Paese europeo. La
legislazione fiscale degli Stati Uniti, d'altra parte, vige o meno,
con riferimento al territorio in cui una società sia costituita e
non con riferimento al luogo in cui essa sia gestita o controllata.
Apple, ha dunque avuto vita facile nel dimostrare contemporaneamente
che non essendo AOI costituita negli USA, non fosse neanche presente
nel territorio americano ai fini fiscali. Quasi magicamente, non
risulta residente né in Europa, né negli USA.
La seconda gosth company è Apple Sales International,
o ASI. ASI, detiene i diritti economici delle proprietà
intellettuali e dei brevetti di Apple per l’Europa, il Medio
Oriente, l’Africa, l’India e l’Asia. Dal 2009 al 2012, i suoi
ricavi da vendite sono stati pari a 74 miliardi dollari. Apple ha
eseguito la stessa alchimia sperimentata con AOI, anche con ASI:
questa è costituita in Irlanda, gestita dagli Stati Uniti, ma
considerata dalla capogruppo, fiscalmente residente in nessuno dei
due paesi. A differenza di AOI, ASI ha però pagato un piccolo
ammontare di imposte in Irlanda: nel 2011, per esempio, ha versato 10
milioni di dollari in tasse a fronte di 22 miliardi di dollari di
reddito, sopportando quindi, un tax rate effettivo pari a circa lo
0,05%, dovuto tra l’altro ad attività diverse rispetto a quelle
del core business improntato allo sfruttamento delle opere
dell’ingegno. Una terza controllata, Apple Operations Europe
(AOE) collocata strutturalmente tra AOI e ASI, non ha alcuna
residenza fiscale, ancor una volta a causa delle differenze normative
sul tema, tra Irlanda e USA. Sembra dunque che sia sufficiente
innestare in una struttura societaria, un’entità “strumentale”
allo scompaginamento delle disposizioni normative sulla residenza
fiscale, costituita in giurisdizioni aventi caratteristiche simili a
quella Irlandese, per impedire la riconducibilità certa, del reddito
prodotto ad un qualsiasi sistema impositivo. AOI non ha alcun
proprietario, all’infuori di Apple. Essa, però, non risulta
fisicamente presente a nessun indirizzo: in trenta anni di esistenza,
non ha mai avuto alcun dipendente; la sua contabilità generale, il
suo principale registro contabile, sono tenuti presso il centro di
assistenza fiscale della Apple ad Austin, Texas; le sue finanze sono
gestite da Braeburn Capital, controllata di Apple Inc. con sede in
Nevada; le sue attività sono depositate su di un conto bancario a
New York. I verbali di seduta, mostrano che il suo consiglio di
amministrazione sia composto da due dipendenti di Apple Inc., uno dei
quali residente in California ed un altro dipendente di Apple
Distribution Internationl, società irlandese controllata da AOI, in
Irlanda.Tra maggio 2006 a dicembre 2012, AOI ha svolto 33 riunioni
consiliari, 32 delle quali a Cupertino, in California.; il
consigliere irlandese ha partecipato a sole 7 di queste riunioni, sei
delle quali per telefono. Le circostanze inerenti la vita societaria
di ASI, sono praticamente identiche. AOI siede al vertice della
strategia offshore di elusione fiscale di Apple. L’affermazione ad
opera di questa che AOI e le altre controllate non siano fiscalmente
residenti in nessuno stato è un elemento chiave della sua
pianificazione, volta a prevenire il pagamento di qualsiasi imposta
sul suo reddito offshore. Ma come giungo i redditi nel sistema
offshore? La risposta non differisce da quella fornita nel caso
Microsoft, in quanto anche in tale caso, il transfer pricing
ed i Cost Sharing Agreements giocano un ruolo fondamentale.
Apple ha sottoscritto un CSA con le sue controllate irlandesi. In
realtà, il denaro necessario a sostenere i costi di sviluppo, pur
passando di mano continua ad appartenere ad Apple, così come tutti i
firmatari erano dipendenti di Apple. L'accordo formalmente ripartisce
i costi da condividere tra le varie aziende della multinazionale, ma
poiché essi, in definitiva, sono sostenuti con la liquidità
proveniente dalla stessa cassa, l’accordo di condivisione dei costi
finisce per attenere allo spostamento dei profitti generati dalla
proprietà intellettuale sviluppata negli USA, concentrandoli nel
mondo delle sue controllate in Irlanda. Ancora una volta, la
proprietà intellettuale che genera profitti è stata realizzata
negli Stati Uniti, ma la maggior parte dei profitti assegnati
all’Irlanda. Perché la meta prescelta è stata questo paese
Europeo? La risposta è da ricercare in un altro ma fino ad ora
nascosto, elemento di grande successo della strategia fiscale di
Apple, ovvero nella negoziazione con il governo irlandese, di un
accordo volto a consentire il pagamento di un’ imposta sul reddito
inferiore al 2 %, ben al di sotto dell’aliquota legale del 12%,
così come di quelle di altri paesi europei e degli stessi Stati
Uniti e comunque, come abbiamo visto, in pratica, Apple è stata in
grado di pagare un tasso molto inferiore a quello concordato. Nel
solo 2012, a causa dello spostamento dei profitti derivanti da tutte
le vendite di Apple dagli USA verso l’Irlanda, l’ ASI, ha
ricevuto 36 miliardi dollari di reddito in una nazione dove non paga
praticamente alcuna imposta sul reddito. Tutto ciò, nonostante sia
stato sottolineato dalla Commissione d’inchiesta, come il
trasferimento operato da Apple, dei diritti di proprietà
intellettuale attraverso CSA non fosse necessario per condurre le
proprie operazioni commerciali. Apple Inc. è infatti presente in
numerose parti del mondo, senza che per tale ragione abbia trasferito
i diritti di sfruttamento economico dei propri brevetti ad ogni
regione o paese in cui operi. Gli interessi di tutti le parti del CSA
sono identici, e ancor di più, Apple Inc., che lo ha rinnovato più
volte, da ultimo nel 2009, può modificarlo in qualsiasi momento, il
che prova ulteriormente come non rifletta l’arm’s length
principle. In secondo luogo, il 95 % delle attività di Ricerca e
Sviluppo di Apple, il motore del successo dei prodotti Apple, è
condotto negli Stati Uniti; eppure i dati forniti da essa forniti
mostrano che, nel corso di un periodo di quattro anni 2009-2012, ASI
ha pagato circa $ 5 miliardi ad Apple Inc. per la sua quota di
adesione al CSA. Nello stesso periodo di tempo, ASI ha ricevuto
profitti per 74 miliardi di dollari. La differenza tra i costi
sostenuti ed i profitti generati, è pari a 70 miliardi dollari
circa, somma che corrisponde all’ammontare di reddito tassabile che
in assenza della stipula del CSA di Apple Inc. con le proprie
controllate e di altre scappatoie fiscali sarebbe fluito verso gli
Stati Uniti. Nello stesso arco di tempo, Apple Inc. ha pagato 4
miliardi dollari nell'ambito del CSA ed ha dichiarato profitti
derivanti dalle vendite nelle Americhe per 38 miliardi di dollari. La
sua controllata, ASI, ha ricevuto quasi il doppio dei profitti
generati dall’intangibile sviluppato da Apple Inc. negli Stati
Uniti. Il buon senso, ancor prima delle disposizioni normative,
indurrebbe a ritenere che Apple Inc. non avrebbe mai potuto offrire
un accordo così redditizio, negoziando in condizioni di libero
mercato con una parte indipendente. Infatti, è difficile immaginare
Apple offrire un accordo così vantaggioso ad un soggetto esterno, a
condizioni identiche a quelle praticate intercompany. Il fatto che le
società controllate irlandesi paghino una piccola quota dei costi di
Ricerca e Sviluppo è irrilevante per l'obiettivo principale,
costituito dalla concentrazione dei profitti offshore. Anche se le
società controllate irlandesi pagassero il 100% , il CSA si
tradurrebbe in un massiccia concentrazione di profitti nei paradisi
fiscali e dunque in un elevato risparmio d’imposta.3
A seguito di questa breve descrizione dell’operatività del gruppo,
è possibile notare come le stesse modalità di impiego elusivo della
disciplina del transfer pricing e delle regulations della normativa
Check the Box, si ripresentino sistematicamente nell’attività di
tax planning: ai fini fiscali USA, Apple ha tratto ASI and AOE come
entità disregarded totalmente controllate da AOI, costituita
in Irlanda, priva di dipendenti, non operativa e considerata dalla
stessa Apple non fiscalmente residente nel paese europeo; il fisco
americano ha invece considerato tutti i redditi conseguiti da ASI d
AOE , riconducibili ad AOI. ASI ed AOE, a loro volta, dovrebbero
pagare le imposte in Irlanda, solo con riferimento alle attività ivi
condotte, ma per il fisco del paese europeo non possono essere
considerate fiscalmente residenti in quanto gestite da Cupertino; ASI
è altresì parte del CSA stipulato con Apple, ma non è chiaro dove
il reddito derivante dagli intangibili nei quali essa abbia un
interesse economicamente rilevante, venga trattato come tale. Sembra
essere allocato lontano dall’ Irlanda ai fini fiscali, potendo
incarnare ciò che i tax planners chiamano “ocean income”.
Sarebbe infatti difficile spuntare un tax rate effettivo meno del 2%
se tale proventi fossero realmente (in senso giuridico) da sottoporre
ad una delle due aliquote legalmente vigenti nello stato, del 12,5% o
del 20% (sui redditi non derivanti da attività commerciali). Tali
circostanze, sollevano l’ulteriore questione se i redditi
trasferiti all’Irlanda, lo siano dagli Stati Uniti o dai paesi
presso i quali siano ubicati i clienti della società
(paesi-mercati). Non vi è dubbio che una parte provenga da questi,
così come è abbastanza chiaro che la quota più consistente degli
stessi derivi dalla tecnologia sviluppata da Apple. In definitiva,
per le attività di vendita svolta fuori dagli USA, Apple ha usato i
CSAs semplicemente per trasferire i redditi generati dall’attività
di Ricerca e Sviluppo condotta negli USA, verso l’Irlanda o “to
the ocean”, vale a dire verso giurisdizioni non identificabili
con quella grado di certezza giuridica, presupposto dell’esercizio
dell’attività impositiva, anche grazie all’impiego di una
intermediate holding dei Paesi Bassi, attraverso le quali i
profitti sono stata instradati fisicamente ed imputati giuridicamente
in capo alla caraibica Baldwin Holdings Unlimited (nelle
British Virgin Islands). L’obiettivo di una qualsiasi normativa
inerente il Transfer Pricing, informata ai principi elaborati
dall’OCSE, è quello di garantire neutralità fiscale a tutte le
transazioni economiche e commerciali, siano esse compiute tra parti
correlate o indipendenti. L’abilità delle multinazionali di trarre
vantaggio dai prezzi di trasferimento praticati infragruppo,
favorisce fortemente una strutturazione delle operazioni, strumentale
allo spostamento dei profitti verso low-tax jurisdictions, vantaggio
questo, largamente inaccessibile alle imprese che operino su base
puramente nazionale. Apple non è stata l’unica ad eseguire ad
operare nel modo descritto: anche Oracle ad esempio, ha sfruttato le
costruzioni Double Irish with a Dutch Sandwich volte a
dirottare i ricavi verso società residenti in tax havens,
attraverso lo sfruttamento combinato della normativa tributaria
irlandese e di quella olandese che a determinate condizioni (il cui
soddisfacimento non appare tra i più ardui) garantisce un esenzione
totale sui dividendi e sulle plusvalenze maturate in seno alle
holding ivi costituite.4
Antesignana della realizzazione di un’architettura societaria
simile a quella appena illustrata (Double Irish with a Dutch
Sandwich), avente l’obiettivo di sfruttare le opportunità
elusive offerte dalla combinazione tra le disposizioni USA,
riguardanti rispettivamente il transfer pricing, il regime giuridico
delle entità aziendali (Check the box rules), i redditi delle CFCs
(Subpart F dell’IRC) ed in grado di garantire la dissociazione del
reddito imponibile da un qualsiasi luogo –dunque giurisdizione- fu,
tra le grandi multinazionali dell’ Information Technology, Google.
Nel 2003, pochi mesi prima della IPO (Initial Public Offering)
Google Inc. stipulò un CSA con una filiale irlandese, interamente
controllata e poco prima costituita, Google Ireland Holdings
("Ireland Holdings"), in base al quale questa acquistò
dalla prima i diritti sulle tecnologie di ricerca e pubblicità ed
altri beni immateriali per il territorio comprendente Europa, Medio
Oriente e Africa ("EMEA"). Google iniziò le sua attività
irlandesi nel 2003, con cinque impiegati. Ireland Holding, eseguì un
buy-in payment per i diritti sulle tecnologie all’epoca esistenti e
sottoscrisse il CSA al fine di sostenerne i futuri costi di sviluppo,
in proporzione alle dimensioni del mercato EMEA. A livello pratico,
il buy-in probabilmente rifletteva, in parte, la
capitalizzazione di mercato di Google Inc. del tempo (la quale a sua
volta avrebbe potuto rappresentare un buon indicatore del valore dei
suoi beni immateriali); tale valore, inoltre, era presumibilmente di
gran lunga inferiore rispetto a quello desumibile post IPO.
Indipendentemente da ciò, nel 2006 Google negoziò un APA (Advance
Pricing Agreement, i cui termini non sono mai stati resi pubblici)
con l’IRS che accettò la bona fides dei pagamenti
d’ingresso eseguiti nel 2003 per gli intangibili all’epoca
esistenti. Nel giro di pochi anni, la struttura societaria mutò: in
primo luogo, Ireland Holdings divenne una “dual resident
company” in quanto per il fisco USA, continuava ad essere una
società irlandese (essendo stata costituita formalmente nel paese
europeo), ma per quello Irlandese divenne residente alle Bermuda
(perché nell’arcipelago risiedevano la mente e la gestione della
Holdings). In secondo luogo, Ireland Holdings concesse in licenza
tutte le più importanti tecnologie operative, ad una controllata
olandese (Google BV), la quale a sua volta li concesse in licenza ad
un’altra controllata, Google Limited Ireland (Ireland Limited).
Questa concesse in licenza le varie tecnologie in tutti i territori
EMEA, raccogliendo miliardi di dollari di ricavi pubblicitari,
derivanti dall’uso di quelle stesse tecnologie. Presumibilmente sia
Google BV che Ireland limited, essendo posseduti da un solo soggetto,
si avvalsero della possibilità loro offerta dalla Check the Box
Rule, di essere considerate disregarded entity ai fini fiscali
dei soli USA pur continuando a godere della personalità giuridica,
condizione questa che amplia notevolmente le opportunità di
arbitraggi fiscali internazionali. In tal modo, i redditi derivanti
dall’uso degli intangibili di Google ad opera dei vari clienti nei
paesi high – tax , giungono direttamente a Ireland Limited quali
componenti dei suoi canoni pubblicitari, senza sostenere alcuna
imposta nel paese d’origine, in quanto questi rappresentano costi
che abbattono la base imponibile. Così, mentre gran parte del
reddito di Ireland Limited, proviene presumibilmente dai clienti
terze-parti presenti nella regione EMEA, lo stesso tipo di struttura
può essere utilizzato per sottrarre il reddito alle affiliati
operative nei vari mercati, le quali servono i consumatori di
riferimento per poi trasferire il reddito conseguito verso l’Irlanda.
L’effetto netto in entrambi i casi è che i proventi ottenuti
tramite lo sfruttamento degli intangibles di Google in tutto il
mercato EMEA, sono tassati solo in Irlanda. Come detto, questa
applica un’imposta sul reddito delle società, pari al 12,5% e
teoricamente Ireland Limited, dovrebbe essere soggetta a tale
aliquota impositiva sul proprio reddito; tuttavia essa corrisponde
consistenti e deducibili royalties a Google BV per l’uso degli
intangibles fondamentali (cosiddetti core) trasferiti nel 2003 (poi
sviluppati tramite gli investimenti realizzati nell’ambito del
CSA). Google BV , a sua volta, corrisponde royalties per un importo
corrispondente a quello ricevuto da Ireland Limited, a Ireland
Holdings. Questa, nella prospettiva del fisco Irlandese, è una
società residente nelle Bermuda e le Bermuda non applicano alcuna
imposta sul reddito delle società. Google BV esiste perché le
royalties pagate direttamente da una compagnia irlandese ad una delle
Bermuda (cioè, da Ireland Limited a Ireland Holdings) sarebbero
soggette ad una ritenuta alla fonte. Questa, invece, non si applica a
quelle pagate ad una società residente in uno dei paesi membri
dell’UE, anche nel caso in cui fosse una partecipata,
apparentemente priva di utilità funzionale, fatto salvo che per il
risparmio della ritenuta alla fonte, da essa consentito. I Paesi
Bassi non applicano alcuna imposta sulle royalties in uscita, pagate
a Ireland Holdings, limitandosi alla riscossione di un tassa molto
contenuta (essenzialmente un compenso per l’uso del proprio sistema
impositivo) sul modesto spread tra le royalties che Google BV riceve
e quelle da esse pagate ad Ireland Holdings (E’ pratica diffusa
negoziare anticipatamente con le autorità fiscali del luogo detto
differenziale). Nel frattempo, dal punto di vista del fisco USA, né
Ireland Limited né Google BV esistono, in quanto disregarded
entities. Gli Stati Uniti, vedono solo una società Irlandese
(Ireland Holdings) e non Bermudiana, con una filiale nelle Bermuda,
dove la maggior parte del suo reddito netto si ferma. Il risultato
finale è un aliquota fiscale prossima allo zero sul reddito
proveniente dai clienti in Europa, Medio Oriente, Africa,
attribuibile agli intangibili di alto valore racchiudenti la parte
più significativa dei fattori economici di produzione di Google e
un’ aliquota molto bassa sui redditi attribuibili ai servizi di
vendita della multinazionale, aventi base in Irlanda. La “macchina”
generatrice di redditi senza stato, è indicata come struttura
“Double Irish” a causa dell’uso di due aziende
Irlandesi; il nomignolo “Dutch Sandwich” deriva
dall’inserimento di Google BV avente quasi il ruolo di riempitivo
fiscale tra le due aziende irlandesi. E’ importante segnalare come
la struttura passata in rassegna sia facilmente replicabile da altri
(ed infatti è stato riportato essere in ampio uso tra le
multinazionali della tecnologia statunitensi); non vi è nulla della
struttura che poggi su di un modello di business o asset di Google
aventi carattere di unicità. Per le sofisticate aziende
multinazionali americane questa soluzione è semplicemente uno
strumento tra i tanti disponibili nell’ambito della pianificazione
dello stateless income.5
1
Cfr. F. MELLO, Steve Jobs. Affamati
e folli. L'epopea del genio di Apple e il suo testamento alle
generazioni future, Reggio Emilia, 2011, pp. 1 ss.
2
Cfr. E.D. KLEINBARD, Stateless Income,
in
University of Florida College of
Law, Florida Tax Review, 2011, Vol.
11, n. 9, pp. 701 ss.
3
Cfr. C. LEVIN, U.S
Statement Of Senator Carl Levin (D-Mich) Before Senate Permanent
Subcommittee On Investigations On Offshore Profit Shifting And The
U.S. Tax Code – Part 2 (Apple Inc.),
May 21, 2013, pp. 4 – 6.
4
S.E. SHAY, Testimony of Stephen E. Shay
Before the U.S. Senate Permanent Subcommittee on Investigations Of
the Committee on Homeland Security and Governmental Affairs Hearing
on Offshore Profit Shifting and the Internal Revenue Code,
May 21, 2013, pp. 9 – 10.
5
Cfr.E.D. KLEIBARD, Stateless Income,
in
University of Florida College of
Law, Florida Tax Review, 2011, Vol.
11, n. 9, pp. 706 – 713.