venerdì 10 maggio 2013

GLI STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI NELLA LEGGE ITALIANA PT1

Nell'ordinamento italiano, esistono almeno tre diverse definizioni del concetto di derivati. 
La prima, fu elaborata da Bankitalia, tramite una circolare del marzo 1988, nella quale si afferma che gli strumenti finanziari derivati sono: <<i contratti che insistono su elementi di altri schemi negoziali, quali titoli, valute, tassi d'interesse, tassi di cambio, indici di Borsa>> ed il cui valore: <<deriva da quello degli strumenti sottostanti>>. In altri termini, esistono due distinti strumenti: uno sottostante o fondamentale, il cui valore determina il valore dello strumento derivato.
La seconda, fu introdotta nella "legge Sim" del 1991 la quale stabilisce: <<i contratti a termine su strumenti finanziari collegati a valori mobiliari, tassi d'interesse e valute, ivi compresi quelli aventi ad oggetto indici su tali valori mobiliari, tassi d'interesse e valute, sono da considerarsi valori mobiliari>>.

Bankitalia e Leglistatore, si erano limitati a fornire una dimensione nozionale e normativa, di contratti fondamentalmente atipici, meritevoli di tutela nella misura in cui presentassero una ratio ed una funzionalità economica e giuridica complessiva. Funzionalità che è venuta progressivamente meno, in concomitanza dell'esplosione quantitativa dei derivati su mercati regolamentati e O.t.c. e del sempre più deficitario collegamento, tra il derivato ed uno o più rapporti di valore, realmente sottostanti. In sei anni -dal 2000 al 2006- il valore nozionale dei derivati su O.t.c. è passato da 95.000 miliardi a 415.000 miliardi di dollari, generando un planetario sistema di "finanza ombra" parallelo ai mercati ufficiali regolamentati. Il valore nozionale è parametro di riferimento per il calcolo dei flussi di pagamento e non un indicatore di rischio, dipendendo quest'ultimo dalla combinazione di fattori diversi di mercato e contrattuali. Il rischio assunto dagli operatori di mercato, acquistando un prodotto derivato, è determinato dal valore di mercato, quale espressione del segno -positivo o negativo- dell'attualizzazione (o liquidazione virtuale) del rapporto.
La centralità del rapporto da derivato e sottostante, è emersa nel decreto Eurosim del 1996, che ha traghettato il nostro ordinamento verso la definizione attuale, riportata nel T.u.f. del 1998 il quale all'articolo 1 terzo comma individua gli strumenti finanziari derivati tra quelli <<previsti dal comma 2 lettere d), e), f), g), h) ,i), j), nonché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1 bis lettera d)>>.
Nello specifico, il T.u.f., fa riferimento:

  1. Ai contratti d'opzione;
  2. Ai Contratti a termine standardizzati "futures";
  3. Agli Swaps;
  4. Agli Accordi per scambi futuri di tassi d'interesse ed altri contratti derivati connessi a valori mobiliari;
  5. Al Mercato valutario;
  6. Ai Tassi di rendimento o d'interesse di altri strumenti derivati;
  7. Agli Indici finanziari o altre misure finanziarie che possono essere regolate con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
  8. Alle Opzioni, future, swaps, ed altri derivati connessi a merci con pagamento in contati dei differenziali o al verificarsi di alcune condizioni dedotte nei contratti;
  9. Agli Strumenti derivati, per il trasferimento del rischio di credito;
  10. Ai Derivati finanziari differenziali;
  11. Ai Derivati connessi a variabili climatiche.

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