La combinazione tra il differimento delle imposte USA sugli utili conseguiti e reinvestiti ad aliquote estere basse e le correnti deduzioni consentite per le spese che contribuiscono alla realizzazione di detti redditi “differiti”, rappresenta un forte incentivo a traferire il reddito presso località offshore. Appena il reddito è differito, entrano in gioco una serie di regole che impediscono ad una CFC di rendere disponibili al proprio gruppo societario residente in America i proprio profitti offshore, attraverso la tassazione della distribuzione o il consolidamento del reddito estero. L'obiettivo di queste norme è quello di proteggere la base imponibile statunitense, impedendo che una multinazionale USA faccia uso dei profitti non tassati dalle autorità locali, nell'ambito del proprio business ivi localizzato. Esse, inoltre, dovrebbero ridurre il vantaggio che una multinazionale avrebbe competendo contro una realtà produttiva locale priva dell'opportunità di conseguire redditi in low tax jurisdictions.Le norme sul Transfer Pricing contenute nella Sezione 482, cercano di assicurare che i contribuenti riflettano chiaramente il reddito attribuibile alle controlled transactions e di prevenire l'elusione di imposte con riferimento a dette transazioni. Esse tentano di collocare le transazioni del contribuente controllato su di un piano di parità fiscale rispetto a quelle poste in essere dal non controllato.
Limitatamente la caso Microsoft, il Prof. Shay ha riassunto una serie di dati aggregati tratti dalla documentazione di informazione finanziaria parzialmente consolidata, inerente le società presenti in Irlanda, Singapore e Porto Rico. Nell'anno fiscale 2011, Microsoft presentava ricavi complessi pari a $ 69,9 miliardi, utili ante imposte pari a $ 28 miliardi, un numero di dipendenti pari a circa 90.000 unità ed un global tax rate contabilmente pari al 17,5%. In base quanto risulta dal suo bilancio consolidato, nello stesso anno le società residenti in Irlanda, Singapore e Porto Rico, hanno -combinatamente- conseguito utili ante imposte per circa $ 15,4 miliardi o circa il 55% del complessivo EBT. Il tax rate medio per queste società -almeno dal punto di vista della documentazione disponibile- risultava pari al 4%. Al fine di fornire un'indicazione significativa sul punto, si potrebbe osservare come la multinazionale occupava in questi Paesi circa 1.900 lavoratori sui 90.000 totali; i 1.914 dipendenti contribuirono a realizzare $ 15,4 miliardi di EBT (quindi circa $ 8 milioni a testa), comparati con la media complessiva dei restanti dipendenti Microsoft, pari a $ 312.000,00. Il docente dichiara di non avere informazioni così dettagliate da poter generare una visione in grado di dissipare i dubbi sulla conformità o meno della situazione descritta con le vigenti norme in materia di transfer pricing, ma sia nell'uno che nell'altra ipotesi i dati riportati nel presente scritto non sembrano essere coerenti con il senso comune della logica considerando “dove” veniva effettivamente condotta la reale attività economica dai restanti 90.000 dipendenti. La motivazione fiscale nella localizzazione del reddito in Irlanda, Singapore e Porto Rico è -secondo il docente- abbastanza evidente. L'incentivo per le multinazionali a trasferire all'estero il proprio reddito aumenta quando essere riescono ad usare gli utili “differiti” per investimenti realizzati negli USA. Le norme sul punto costituiscono un vero e proprio firewall: esse permettono di continuare a godere del beneficio del differimento quando i relativi utili offshore siano investiti in attività offshore o in un portafoglio di investimenti in attesa di reimpiego all'estero; nello stesso tempo esse sono strutturate in modo tale di evitare che le multinazionali prima beneficino del deferral legato al proprio business offshore e poi usino gli utili pre U.S. Tax nel business domestico.
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