Se c'è una cosa che la categoria dei politici non fa mai è imparare dai propri errori. Forse questo è anche il motivo per il quale la storia si ripete quasi identica a se stessa, nei vari corsi e ricorsi storici. Le avvisaglie di una crack finanziario più generalizzato si erano manifestate con il caso "Hedge Fund LTMC" nel 1998, dunque ben 8 anni prima dell'inizio del domino dei disastri finanziari globali. I "regulators" invece avevano bollato l'evento come meramente occasionale ed esclusivamente connesso al default della Russia verificatosi nel Luglio- Agosto dello stesso anno.
Il fondo speculativo d'investimento statunitense Long Term Management Capital, fondato nel '94 da John Merywther, arrivò a gestire in poco tempo un patrimonio di 4 miliardi di dollari, operando in operazioni di arbitraggio su strumenti finanziari derivati. Il board del fondo, vantava la presenza di Scholes e Merton, due dei tre autori della nota formula la cui intuizione più importante fu quella di dimostrare come un derivato sia già implicitamente prezzato, se il relativo sottostante è scambiato sul mercato. L'Hedge Fund operava per lo più nel comparto "fixed income" (titoli a reddito fisso) come le obbligazioni (bonds) emesse dai vari governi nel mondo.
Dal modo in cui LTMC deragliò sul mercato, per poi essere salvato da un consorzio di banche su invito della FED, si possono trarre alcuni spunti di riflessione importanti. Spunti che avrebbero dovuto tradursi in principi ispiratori, di una più rigida regolamentazione riguardante la diffusione dei derivati nel mondo e l'operatività di soggetti istituzionali, come gli Hedge Funds, dediti esclusivamente alla speculazione finanziaria.
- L'attività di lobbing esercitata dall' LTMC su alcuni membri del Congresso, dimostra quanto sia importante (e difficile) mantenere una separazione netta tra controllori e controllati. Relazioni troppo strette, finiscono per favorire lo scambio d'informazioni privilegiate e la lenta corrosione dei doveri istituzionali. I controllori fanno finta di controllare, i regolatori ritardano l'emanazione di norme che potrebbero limitare l'attività speculativa, questa continua indisturbata ad espandersi e con essa il conflitto d'interessi che rende ancor più forte la necessità di continuare nell'opera di "pressione istituzionale indebita".
- Il salvataggio voluto da Greenspan, se da una parte ha evitato il "contagio" del crack agli altri operatori finanziari (banche soprattutto) contenendo i costi sociali ed economici del crollo nell'immediato, ha inevitabilmente ingenerato negli operatori finanziari istituzionali la convinzione che l'azzardo morale sia sempre remunerativo, perché chi paga le conseguenze della crisi sono sempre (o quasi) le istituzioni pubbliche, dunque i contribuenti, per il tramite delle operazioni di salvataggio dirette ed indirette.
- Un utilizzo sproporzionato della "leva finanziaria" da debito, se da una parte può garantire con un capitale esiguo profitti elevatissimi, dall'altra è abbastanza evidente come bastino perdite di entità contenuta a mettere in crisi l'operatore istituzionale.
- Nessuna crisi riguardante grandi Hedge Funds (ed altri operatori istituzionali) rimane confinata al comparto operativo di riferimento. L'effetto che si verifica nel caso di crollo totale di un segmento di mercato nel quale l'operatore abbia investito, è definito "flight to safety" (fuga verso la salvezza). Gli investitori rimangono psicologicamente colpiti dall'evento negativo che riguarda il proprio Hedge, anche se assolutamente non correlato con il settore nel quale essi abbiano investito. Ad esempio, il crollo del segmento obbligazionario che ha in portafoglio i bonds di uno stato, potrebbe portare (per paura) gli investitori del segmento azionario riguardante azioni di aziende di un paese diverso a disinvestire e ad uscire dal mercato.
- Le vendite a loro volta innescano "l'effetto gregge" (herding effect). Poiché in molti vendono, altri seguono la scia per effetto di una percezione di paura, che nasce anche dal timore di esser vittima di asimmetria informativa. L'investitore -anche non interessato dalla crisi dell'operatore finanziario o al segmento del comparto in crisi- teme il contagio della crisi e disinveste con ricadute in tutti i segmenti dei vari mercati anche non strutturalmente collegati a quello in difficoltà. Proprio per evitare "l'effetto panico o gregge" intervengono le istituzioni pubbliche. Queste, però, non dovrebbero mai limitarsi al mero salvataggio finanziario fine a se stesso, ma dovrebbero cogliere l'occasione per regolamentare alla radice i meccanismi che generano questi fallimenti. L'omissione dell'intervento regolamentare ha consentito il perpetuarsi di azzardi morali, che ci hanno condotto nel giro di 8 anni all'innesco della crisi finanziaria mondiale. In altri termini, il caso LTMC rappresentava l'occasione per prevenire -tramite la regolamentazione- quello che oggi si cerca di curare con l'iniezione di bilioni di dollari /euro di liquidità. Iniezione i cui costi sono ovviamente a carico della collettività.
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