venerdì 22 marzo 2013

LEHMAN BROTHERS E LA PERSEVERANZA NELL'ERRORE

La prima tessera del  domino finanziario a venir giù è stata la Lehman Brothers, nel Settembre 2008.
Già nel 2003, la banca insieme ad altre 9 società finirono nel mirino della SEC e della Procura Generale di NY, per l'influenza indebita che avrebbero esercitato le divisioni interne di investment banking , nei confronti degli analisti addetti al settore ricerca. In altri termini, si sospettava che i responsabili del settore competente del collocamento presso il pubblico degli strumenti finanziari, avessero influenzato gli analisti per far loro emettere dei giudizi farlocchi sui vari titoli, orientando artificiosamente le scelte della clientela. 
La Lehman decise di  concludere una transazione, nota come global settlement, che la portò a pagare 1,4  miliardi di dollari di sanzioni ed accettò di separare in maniera effettiva, la divisione Investment da quella "Research and Analysis".
Cinque anni più tardi, si scopri' che la sanzione era rimasta fine a se stessa. Infatti, nel 2008 Lehman subì una perdita colossale nel segmento dei mutui subprime. Non si è mai riuscito a comprendere, se questa perdita sia stata la conseguenza dell'incapacità di collocare presso gli investitori titoli con basso rating oppure conseguenza di una scelta strategica di mantenere aperte queste posizioni, scelta evidentemente disastrosa. Rese pubbliche queste perdite, il titolo cominciò ad oscillare tra dichiarazioni di salvataggio e smentite, per poi fallire definitivamente nel Settembre 2008 con un debiti per 613 miliardi di dollari. Per salvare il salvabile, l'ISDA (International Swaps and Derivates Association),mantenne aperto il mercato anche di domenica -14 Settembre- per consentire ai vari operatori di  chiudere le operazioni in derivati connessi al crack di Lehaman e fu ovviamente un bagno di sangue con perdite a due cifre, unica alternativa all'insolvenza totale che avrebbe impedito di recuperare anche solo una piccola parte degli investimenti effettuati.
Questa situazione fu anche la conseguenza di regole "su base volontaria", che dimostrano quanto la politica e le autorità fossero succubi del potere finanziario. 
Il CSE (Consolidated Supervised Entity), proposto dalla SEC, aveva come obiettivo quello di controllare il livello di rischi assunti dalle Holding (per effetto del consolidamento) in relazione ad attività non regolamentate (non quindi azioni o strumenti finanziari ordinari) con riguardo al livello di capitalizzazione raggiunto. Il fine della CSE era validissimo, soprattutto se si considera che il contesto dei "derivati" e della finanza creativa era ancor più deregolamentato di quanto non lo sia oggi e molte controllate emittenti titoli strutturati e brokers, erano legalmente sottratti a qualsiasi controllo delle autorità statunitensi perché off shore. La comunicazione dei dati  mensili (rischi su derivati/livello di capitalizzazione), però, avveniva su base volontaria. Così, quasi nessuna Holding, aderì all'appello lanciato dalla SEC ed il CSE non produsse alcun risultato apprezzabile. Le società non comunicavano alcunché, gli intermediari continuavano a cedere i titoli tossici sul mercato spacciandoli per oro, le Agenzie di rating valutavano i titoli spazzatura come strumenti meritevoli della tripla A, nel frattempo i rischi sistemici prosperavano nelle oceaniche asimmetrie informative subite dalla SEC  come dagli investitori, il tutto sino allo scoppio della bolla. 
Nel 2008, Cox, nuovo presidente della Sec additò il Gramm-Bliley Act come origine di tutti i mali, dichiarando che proprio il rispetto "su base volontaria" degli obblighi informativi e dei requisiti patrimoniali per Holdings e controllate, dei regolamenti dettati dalla Sec, come il CSE, ha finito per incentivare l'azzardo morale. Il Gramm-Bliley Act, firmato da Clinton nel 1999, pose fine alla separazione tra Commercial Bank ed Investment Bank introdotto dopo la Grande Crisi, con il Glass-Steagall Act nel 1933, incentivando la commistione tra finanza ed attività di credito spinta di carica della molla del crollo finanziario, nonché provvedimento criticato dai 2 premi Nobel dell'economia Stligtz e Krougmann.

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