martedì 26 luglio 2016

LODE AGLI SHORT SELLERS PT.3

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Torniamo a parlare di vendite allo scoperto ed in particolar modo della presunta utilità del relativo divieto, talvolta praticato dalle autorità vigilanti i mercati.
Come forse ricorderete, nell'autunno del 2008 i prezzi dei titoli finanziari iniziarono a scendere rapidamente in tutto il mondo. Diversi Paesi, USA ed l'Italia compresi, decisero di imporre il divieto di venderli allo scoperto.
Alcuni studiosi, tra i quali Beber e Pagano hanno esaminato l'impatto prodotto dai bans sui titoli del settore d'interesse, tra Gennaio 2008 e Giugno 2009, in 30 stati.
In particolar modo, al fine di valutare la bontà dei divieti i ricercatori, soffermandosi su quegli Stati nei quali il divieto di vendita allo scoperto non fu posto su tutti i titoli, hanno comparato i rendimenti cumulativi mediani dei titoli soggetti al divieto -eccedenti quelli generati dai mercati di riferimento- con quelli generati dai titoli esenti.
Gli excess returns sono stati calcolati quale differenza tra i rendimenti dei singoli titoli -prodotti subito dopo l'inizio del ban- e quelli degli indici domestici di riferimento, equamente ponderati.
Con riguardo agli USA, lo studio di Baber e Pagano -non diversamente da altri- dimostra che i titoli finanziari -sottoposti al divieto-generarono rendimenti particolarmente elevati -nella sola fase immediatamente successiva all' applicazione del divieto-rispetto al resto del mercato, il che risulta coerente con l'assunto secondo cui il divieto di vendite allo scoperto sia astrattamente idoneo a contenere fortemente la discesa dei prezzi dell'asset di riferimento nell'immediatezza della sua implementazione. Tuttavia, negli USA, in quel periodo stava per essere approvato il TARP.
Gli studiosi, in seguito, posero l'attenzione sui titoli scambiati in Paesi non impattati dal TARP. In tal senso, rilevarono che gli excess returns generati dai titoli soggetti al divieto ed attinenti a realtà aziendali radicate in Paesi non interessati dai provvedimenti USA posti a sostegno dell'industria finanziaria, fossero uguali a quelli dei titoli esenti. Tale evidenza, spinse Beber e Paganoad asserire che: «I divieti di short selling praticati nel 2008-2009 possono essere considerati, nella migliore delle ipotesi, neutrali in termini di effetti sui prezzi dei titoli».
Al fine di meglio valutare l'impatto delle vendite allo scoperto negli USA, se andassimo ad analizzare l'andamento giornaliero dei 995 titoli finanziari interessati dal divieto di vendita allo scoperto nel corso dell' intero 2008, potremmo evincere quanto segue:
  • in data 15 Settembre, giorno della dichiarazione di bancarotta della Lehman, i titoli performarono molto molto male;
  • in data 19 Settembre venne attivato il divieto di vendita allo scoperto:
  • dal 17 (data in cui si iniziava a vociferare circa l'applicazione del divieto) al 21 Settembre i titoli finanziari generarono rendimenti particolarmente alti rispetto al resto del mercato.
Tuttavia, con riguardo all'ultimo punto non dobbiamo dimenticare che correlazione ≠ da causazione. Infatti:
  • il giorno successivo a quello di applicazione del divieto (20 Settembre 2008), il Tesoro USA chiese al Congresso il via libera per il TARP;
  • nonostante l'andamento positivo fatto registrare dai titoli nella fase iniziale di applicazione del divieto, nei 14 giorni successivi i titoli finanziari persero oltre il 12%;
  • i prezzi iniziarono a stabilizzarsi in maniera definitiva dopo la disapplicazione del divieto.
Quindi, le evidenze statistiche dimostrano che la rapida discesa del mercato proseguì anche in vigenza – tra il 2008 ed il 2009- del divieto di vendite allo scoperto.
Andiamo ora a verificare il ruolo avuto dagli short sellers, ammesso che ne abbiano avuto uno, nel corso della rapida discesa (SP500 -6,66%) azionaria registrata in data Lunedì 8 Agosto 2011, a seguito del downgrade del debito USA da AAA ad AA+ ad opera di Standard and Poor's  occorso in data Venerdì 5 Agosto 2011; in quel giorno, non sussisteva un divieto generale di short selling.
Quando si parla di vendite allo scoperto bisogna distinguere quelle praticate da HFTs e Market Makers -impattanti i prezzi battuti in un arco temporale di qualche minuto o secondo- da quello praticato con un'ottica temporale un po' più estesa (almeno bisettimanale).
Se noi misurassimo l'impatto dello short selling sul prezzo dei titoli in occasione del downgrade,espresso per il tramite della regressione dei rendimenti dei titoli USA registrati nel periodo compreso tra il 29.07.2011 ed il 15.08.2011, normalizzata in funzione della variazione dello short interest (usato quale proxy della domanda di vendite allo scoperto e calcolata come differenza tra i valori di short interest riportati nelle due date, divisa poi per il valore medio fatto segnare dallo stesso nel medesimo arco temporale) nel periodo di riferimento, scopriremmo che fu debolissimo, specie con riguardo a quei titoli interessati da vendite allo scoperto dimensione pari ad almeno un milione di pezzi in ambedue gli estremi temporali considerati.
Il risultato non cambierebbe qualora confrontassimo i redimenti dei titoli sottoposti a ban in data 8 Agosto 2011 con quelli dei titoli esenti: i primi performarono peggio dei secondi.
In sintesi: impedire la vendita allo scoperto è, nella migliore delle ipotesi, inutile in relazione all'impatto sul prezzo, eccezion fatta che nell'immediatezza dell'applicazione del divieto; spesso, gli short sellers non hanno alcuna responsabilità in merito alle repentine discese delle borse.
Fate un'opera pia: informate di quanto sopra i patriottici pagliacci nostrani che, talvolta, seguitano ad imputare ai fondi esteri dedicated short e nonlo scempio borsistico vissuto di recente dal settore bancario italiano. 

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